02/08/2024 di Giuliano Guzzo

Svolta nel Regno Unito. Alta Corte conferma stop ai bloccanti della pubertà

«Sembra che stiamo finalmente tornando al trattamento per i giovani basato sulla medicina basata sull’evidenza, in contrapposizione alle affermazioni non dimostrate dei gruppi di pressione ideologici». Sono le parole twittate su X, qualche giorno fa, dalla scrittrice J.K. Rowling, che ha ben accolto la notizia secondo la quale l’Alta Corte di Londra ha confermato il divieto di utilizzare i bloccanti della pubertà, introdotto nella primavera scorsa dal governo conservatore guidato da Rishi Sunak con un provvedimento di emergenza emanato a fronte delle evidenze del Rapporto Cass. La sentenza di ieri ha un valore quindi sia politico sia scientifico.

Iniziando dal valore politico, bisogna evidenziare come la vicenda abbia avuto inizio, ovvero con il ricorso – intentato da gruppi di attivisti trans – contro la limitazione varata a fine maggio dall’allora ministro della Sanità Victoria Atkins, la quale aveva limitato l’uso dei farmaci per i bambini e i giovani con disforia di genere alle sole finalità di ricerca scientifica sotto stretto controllo medico. Ma quei paletti, secondo gli attivisti trans, erano stati introdotti con eccessiva fretta, senza consultare le associazioni del settore, gli stessi pazienti e in definitiva abusando della procedura d’urgenza.

Invece il pronunciamento degli ultimi giorni, come si diceva, ha stabilito lo stop ai bloccanti della pubertà era pienamente legittimo; il che è doppiamente positivo, considerando che nel frattempo il governo inglese ha cambiato colore, ma non orientamento sulla delicata materia in parola. Il ministro della Salute del nuovo governo laburista, Wes Streeting, ha difatti dichiarato di aver accolto favorevolmente la sentenza, aggiungendo – sulla scia, a ben vedere, di quanto affermato dalla citata J.K. Rowling - che ogni intervento sanitario nella disforia di genere dei bambini deve essere «basata sull’evidenza» scientifica. Fin qui il piano politico.

La sentenza dell’Alta Corte, però, ha ricadute anche scientifiche, perché se da un lato è indubbio come la scienza sia fatta dalla ricerca – e non dai giudici -, dall’altro, una decisione come quella in questione non fa che smentire, sconfessando le critiche di tanta parte del mondo transgender, le tesi secondo cui il Rapporto Cass sarebbe spazzatura o giù di lì. Tesi, queste, che comunque erano deboli anche prima del pronunciamento della magistratura britannica, e che ogni mese che passa risultano esserlo sempre di più, vedendo gli esiti delle ricerche che vengono pubblicate sull’argomento.

Come infatti ha messo in luce un recentissimo studio pubblicato su Acta Paediatrica, a sostegno delle terapie ormonali per bambini e adolescenti con disforia di genere, viene spesso detto che esse migliorerebbero la salute mentale, prevenendo forme di disagio quali depressione e suicidio; tuttavia una revisione degli studi al riguardo non conferma questa tesi, rilevando anzi come gli studi spesso chiamati a suffragio di tale tesi siano spesso di bassa qualità e con esiti controversi, e con il solo studio ampio che la smentisce perfino. E che dire del maxi studio tedesco, illustrato proprio su queste colonne, secondo cui «entro 5 anni la maggior parte» di quanti soffrono di disforia di genere, senza bisogno di trattamento alcuno, ritorna a proprio agio con la propria identità biologica?

Si potrebbe naturalmente qui continuare snocciolando dati e pubblicazioni, se non fosse già evidente come il Rapporto Cass abbia ragione da vendere, così come – almeno in questo caso – l’Alta Corte inglese, il cui ok allo stop governativo ai bloccanti della pubertà, introdotto dal governo conservatore guidato da Rishi Sunak, c’è da sperare che possa fare scuola. Anche al di là, naturalmente, dei confini dell’isola di Sua Maestà, per arrivare fino a noi in Italia.

 

 

 

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