11/03/2025 di Redazione

Maxi-studio su 107mila pazienti: transizione sessuale aumenta ansia, depressione, dipendenze e istinti suicidi

Un nuovo studio dell’Università del Texas, basato su dati 2014-2024 dal database TriNetX e un campione di 107.583 pazienti, getta ombre inquietanti sulla narrazione che promuove gli interventi chirurgici di affermazione di genere come soluzione per la disforia. I risultati mostrano che chi si sottopone a tali operazioni affronta rischi molto più alti di depressione, ansia, ideazione suicida e abuso di sostanze rispetto a chi non subisce interventi. Questi dati sollevano interrogativi urgenti anche per l’Italia.

I numeri parlano chiaro. Negli uomini operati, la depressione sale al 25,4% contro l’11,5% e l’ansia esplode al 12,8% contro il 2,6% (il 388% in più). Nelle donne, la depressione cresce dal 14,6% al 22,9% e l’ansia dal 7,1% al 10,5%. Chi transita verso il femminile mostra rischi elevati di depressione e abuso di sostanze. La chirurgia, anziché alleviare il disagio, lo amplifica.

La narrazione dominante, che dipinge la transizione chirurgica come un percorso salvifico, si scontra con la realtà di questi numeri. Anziché migliorare la salute mentale, gli interventi sembrano peggiorarla, specialmente in soggetti vulnerabili. Questo studio conferma ciò che Pro Vita & Famiglia denuncia da tempo: la fretta ideologica di “affermare” il genere percepito, senza un’adeguata valutazione psicologica e medica, può condurre a esiti drammatici. Eppure, l’approccio affermativo continua a essere promosso anche in seno alle associazioni scientifiche più blasonate, ignorando le evidenze che ne mettono in discussione l’efficacia e la sicurezza.

In Italia, questi dati devono suonare come un campanello d’allarme. L’introduzione di carriere alias nelle scuole e l’avvio di minori verso percorsi di transizione, spesso senza un reale consenso informato o un supporto psicologico approfondito, si basano su presupposti che questo studio demolisce. La salute dei giovani non può essere sacrificata sull’altare di una teoria priva di solide basi empiriche. È tempo di rivedere radicalmente tali pratiche, dando priorità alla tutela dei minori e basandosi su evidenze scientifiche, non su slogan.

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