Un discorso di alto profilo, che contiene un richiamo all’universalità dei diritti umani, in tempi in cui essi sono ancora (o nuovamente) calpestati. Parlando al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, papa Francesco, a inizio anno, ha sorpreso tutti parlando di cancel culture e ha riaffermato la preminenza di valori come la libertà religiosa e il diritto alla vita. Secondo l’ex ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata, il Santo Padre ha voluto dare un monito più o meno velato alla Cina (che condiziona tali diritti sul suo territorio e anche a livello globale, tramite le organizzazioni internazionali da essa egemonizzate) ma anche all’Occidente. Di questo ed altro, Terzi di Santagata ha trattato in una nuova intervista a Pro Vita & Famiglia.
Qual è il suo giudizio complessivo sul discorso di papa Francesco al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede?
«È stato un discorso di straordinaria attualità e completezza, con elementi che sono stati colti dalla stampa in modo un po’ limitativo. Le parole sull’inaccettabilità della cancel culture sono suonate un po’ inattese. La cancel culture intende escludere persino i valori positivi dell’ultimo millennio, relativi all’identità culturale e anche religiosa, alla tradizione dei popoli, dei gruppi, del pensiero. Quella della cancel culture è una censura nei confronti della storia: penso alla rivolta contro le statue di Colombo in America ma anche a Piazza Tien An Men, alla riscrittura della storia cinese, per cui non si può più parlare di Gengis Khan. Tra i valori cui fa riferimento, il Santo Padre cita esplicitamente il diritto alla vita e la libertà religiosa. Quando parla di valori permanenti, chiarissimo è il richiamo all’enciclica Fratelli tutti e al Documento sulla fraternità di Abu Dhabi ma anche al magistero dei predecessori, San Paolo VI e San Giovanni Paolo II in primis. Il pontefice ci ha ricordato che l’universalità dei diritti umani in molti casi è negata, che persistono numerose ingiustizie e forme antropologiche riduttive. Penso anche a quello che succede in Ucraina, in Russia o in Cina con la libertà di stampa».
A cosa fa riferimento il Santo Padre, quando parla di eccessiva attenzione di certe organizzazioni internazionali su «tematiche per loro natura divisive»?
«Ci vedo anche un riferimento al cattivo funzionamento delle organizzazioni internazionali per motivi geopolitici. La metà delle organizzazioni legate alle Nazioni Unite – come, ad esempio, Interpol – sono sotto il controllo più o meno della Repubblica Popolare Cinese, anche attraverso funzionari come Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha gestito la pandemia agli ordini di Pechino, specie nei primi quattro mesi. Non concedendo nessuna collaborazione, Ghebreyesus si è comportato al contrario della sua predecessora Gro Harlem Brundtland ai tempi della SARS (2003). Eppure, quando una missione dell’OMS si è recata a Wuhan, persino lo stesso Ghebreyesus, per quanto succube della Cina, ha dovuto ammettere che l’esito non è stato soddisfacente».
In nove anni di pontificato, papa Francesco ha coltivato una stretta collaborazione con organizzazioni e think tank di ispirazione laica su fronti come le migrazioni o il cambiamento climatico. Non è riuscito ad ottenere, però, la stessa collaborazione in tema di principi non negoziabili. Potremmo interpretare le sue parole come un richiamo ad un maggiore ascolto del punto di vista della Chiesa?
«Di questo ambito “laico”, fa parte, tra gli altri, proprio la Cina, dove si praticano aborti forzati ed espianto dai Falung Gong vivi, per mettere i loro organi sul mercato. Parlo di Cina perché è lì che stanno accadendo le cose peggiori sul fronte dei diritti umani e delle libertà, per non menzionare il trattamento riservato alle donne o agli omosessuali. A questo proposito: ha mai avuto notizia di qualcuno tra gli 86 milioni di aderenti al Partito Comunista Cinese, che si sia mai proclamato lgbt? È evidente la guerra alle religioni condotta da Pechino: parliamo di controllo delle nascite ma anche dell’eradicazione dell’identità uigura, attraverso la somministrazione di veleni alle donne. Quanto al “mondo libero”, è chiaro che la preoccupazione del Santo Padre su diritto alla vita, eutanasia, aborto, crollo demografico porti argomentazioni molto pesanti. È giusto che il Papa entri nel dibattito sull’affermazione dei valori. In questo, vedo elementi di continuità con la Centesimus annus di San Giovanni Paolo II. Il Pontefice attuale, come quello di trent’anni fa, mette in guardia dalla finanza predatoria, dal capitalismo esasperato, dalle disuguaglianze mostruosamente crescenti, che richiedono una forte correzione di rotta. Forse non ci troviamo in una situazione disastrosa come in Cina o in Iran o in Venezuela ma, anche nel nostro ambito, le parole di papa Francesco hanno un valore assai significativo».