Ogni tanto una buona notizia. Viene da commentare così l’annuncio, circolato in questi giorni, della chiusura delle “bambole hot” di Torino. Chiude così ufficialmente i battenti l'attività a luci rosse che si trovava a Borgo Vittoria e che, dopo una serie di controlli disposti nei mesi scorsi, aveva riaperto salvo poi, adesso, definitivamente, chiudere. Una decisione alla quale i titolari sono giunti a malincuore, dopo cioè averle provate tutte; ma alla fine è maturata la scelta della LumiDolls di abbassare definitivamente la serranda.
Ora, possiamo interpretare questo fatto di cronaca tutto sommato locale come un evento episodico e marginale. E può essere che così, effettivamente, sia. Ciò nonostante è difficile non farsi cogliere dal dubbio che la chiusura della casa delle bambole hot possa essere non tanto e non solo il fallimento di un’attività commerciale quanto, invece, l’evidenza di un fatto: il mondo pornografico e tutto ciò che ad esso ruota attorno è più il frutto di pressioni psicologiche e mediatiche, che di una vera e propria esigenza dell’uomo.
Anche perché sarebbe curioso che quella pornografica fosse un’esigenza antropologica e maschile fondamentale, non foss’altro per le varie implicazioni negative che comporta. Implicazioni che al mondo della ricerca sono note non da anni, bensì da decenni. Correva infatti il 1970 quando, nell’ambito di una ricerca nel corso della quale furono mostrati a degli studenti universitari di entrambi i sessi due pellicole hard curate dall’Istituto di Ricerca sessuale di Amburgo, si rilevò come l’esposizione ai film possa favorire il cambiamento, in termini permissivi, delle opinioni sulle condotte sessuali, in particolare per ciò che riguarda i rapporti pre-matrimoniali.
Sei anni dopo, in una ricerca a cura del dottor Baran realizzata servendosi di un campione di 202 studenti americani, si riscontrò invece una preoccupante correlazione tra l’esposizione cinematografica a scene erotiche e l’insoddisfazione, nella vita quotidiana, della propria vita sessuale. Il che suffraga l’idea che la pornografia, anziché stimolare la vita sessuale dei suoi fruitori, la banalizzi fino a mortificarla. Non per nulla, sono le stesse mogli di uomini che fanno uso del porno, a denunciare come esso sia devastante.
Pare in tal senso opportuno riprendere la testimonianza di una donna il cui partner faceva frequente uso di pornografia riportata sul Journal of Sex and Marital Therapy. «Non sono una persona né il suo partner», ha spiegato questa donna, «ma solo un oggetto sessuale. Quando abbiamo rapporti sessuali, lui non li ha davvero con me, non mi ama. Sembra che stia pensando a qualcos’altro o a qualcun altro, probabilmente ad attrici porno. Lui mi usa come un corpo caldo».
Ora, di fronte a tutto ciò sarebbe certamente ingenuo pensare che la chiusura delle bambole hot di Torino rappresenti il declino dell’industria a luci rosse, che invece continua ad essere quanto mai florida anche grazie, da ormai molti anni, all’avvento di Internet quale territorio per espandere il proprio già consolidato mercato. Tuttavia, è difficile non salutare questo evento come qualcosa di positivo. C’è infatti da sperare che, per tanti clienti che non avranno più la possibilità di acquistare bambole hot, ve ne siano altrettanti pronti a riscoprire l’amore verso la loro fidanzata o moglie. Un amore non di plastica ma vero, autentico e duraturo.
di Giuliano Guzzo