18/07/2018

Un premio alla paladina di donne e mamme che lavorano

Un altro esempio virtuoso di welfare aziendale (come Eurointerim e Brazzale) a favore soprattutto delle donne che lavorano, all’Ifom, importante centro di ricerca internazionale sul cancro, con sede a Milano.

Il merito va Rossella Blasi (nella foto), da quasi 20 anni a capo delle risorse umane, che ha ricevuto  il TopLegal Corporate Counsel Award 2018 come miglior Direttore Risorse Umane dell’anno.

La dottoressa Blasi ha gentilmente accettato di rispondere ad alcune nostre domande.

Il TopLegal Corporate Counsel Award 2018 come miglior Direttore Risorse Umane dell’anno è un premio di prestigio: ci vuol raccontare in breve chi è Rossella Blasi e perché l’hanno premiata?

  • Lavoro all’IFOM da quasi 20 anni, un centro di ricerca sul cancro di fama internazionale. Da sempre, nell’ambito della direzione HR mi occupo di temi di conciliazione famiglia-lavoro per supportare in particolare i nostri ricercatori e in generale tutto il personale dipendente e collaboratore. Sono stata premiata per la sensibilità e l’attenzione con cui Ifom mi ha permesso di attuare iniziative sensibili volte al personale ricercatore.

Il problema della conciliazione del lavoro con la famiglia – e principalmente con la maternità – è un problema risolvibile? O per le donne che lavorano è bene rinunciare alla carriera?

  • Se già per una professionista qualunque è difficile conciliare la carriera con un progetto familiare, ancora di più lo è per una ricercatrice: si tratta infatti di un profilo professionale atipico, con un percorso difficile ed estremamente sfidante. I tempi per giocare il proprio futuro sono brevissimi, in quanto un progetto di ricerca deve tradursi in risultati nell’arco di pochi anni, altrimenti rischia di invecchiare o di essere preceduto da altri ricercatori in qualche altro centro di ricerca del mondo. Questo meccanismo competitivo ingenera molta ansia nei ricercatori, e in particolare nelle ricercatrici. Inoltre la vita del ricercatore non ha orari: un esperimento può partire anche nel cuore della notte, o a cavallo del week end. Spesso è necessario andare al’estero per conferenze internazionali. Insomma, tutti aspetti interessanti in sé ma per i quali un progetto familiare può essere un ostacolo. Ma in Ifom abbiamo sin dalla nostra fondazione fatto in modo da tutelare questo fragile equilibrio e le donne in stato di gravidanza continuano la propria attività senza alcuna rinuncia. Mi rendo conto che siamo un’eccezione nel mondo del lavoro ma saremmo felici di poter dare l’esempio ad altri istituti. Per noi valorizzare le donne è un tema sempre sensibile e a loro va sempre la nsotra attenzione.

Quanto dipende dalle aziende e quanto dipende dagli interventi normativi dello Stato? Quest’ultimo cosa dovrebbe modificare nella legislazione previdenziale?

  • Le aziende possono fare molto, ci vuole spirito di iniziativa e attenzione ai bisogni dei collaboratori. Non è neanche solo una questione di investimenti, ma soprattutto di sensibilità, di capacità di ascolto e di atteggiamento “problem solving”. Lo Stato potrebbe fare sicuramente di più, se le quote rosa fossero più consistenti nel nostro sistema decisionale.

Cosa pensa delle donne che (liberamente) scelgono di restare a casa – ammesso che il marito guadagni abbastanza per mantenere la famiglia?

  • Penso che, se si tratta di una scelta fatta in totale libertà, equivalga a quella delle donne che si sentono realizzate anche nel lavoro oltre che nella cura della famiglia.

Cosa è il Lab G? E quali sono le altre politiche di welfare aziendale che lei ha promosso? Sono praticabili da tutte le imprese? “Costano” più di quanto “rendono”?

  • Il Lab G è un laboratorio studiato ad hoc per le ricercatrici in attesa o neomamme. Di norma, infatti, nei centri di ricerca biomedica la vita di laboratorio è preclusa alle ricercatrici in stato di gravidanza, puerperio od allattamento perché sussiste un potenziale rischio di esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici che in certe dosi e in determinati periodi della gravidanza potrebbero essere pericolosi per il bambino. Il Lab G, realtà unica nel mondo della ricerca in Italia, consente alle ricercatrici di Ifom di conciliare serenamente il proseguimento della propria carriera scientifica con la maternità, offrendo loro l’opportunità di lavorare in condizioni di massima sicurezza per tutto il periodo della gravidanza e dell’allattamento. Oltre al Lab G, abbiamo un ufficio preposto all’accoglienza dei ricercatori stranieri, il Welcome Office, che li accompagna in tutte le pratiche burocratiche d’ingresso nel nostro Paese e in tutti imomenti di emergenza in cui dovrebbero affrontare da soli il “sistema”, parlo ad esempio degli ospedali, quando c’è un problema di salute o un parto, ecco che i nostri “angeli” del welcome office accompagnano i ricercatori stranieri e li aiutano nel comunicare con le strutture ospedaliere, oltre che offrire loro un appoggio umano. Un’altra iniziativa è l’asilo nido convenzionato: un asilo bilingue aperto fino alle 19, con giorni di chiusura solo per le feste comandate e qualche settimana in estate.

Molti parlano di “gender gap” nel mondo del lavoro come di una questione squisitamente economica. Lei è d’accordo? Nel suo Istituto le retribuzioni tra uomini e donne – a parità di lavoro – sono diverse?​

  • Il gender gap è sicuramente una realtà più complessa di una questione meramente retributiva. Devo dire che però nel mondo della ricerca non c’è un grande divario tra uomini e donne. Da noi in Ifom le donne costituiscono il 60% e nelle posizioni apicali il 30%, quindi parliamo di una percentuale eccezionale rispetto alle medie nazionali. Anche in termini retributivi non si rileva una disparità tra ricercatori e ricercatrici.

Anche se lei è un funzionario amministrativo, lavora da 20 anni in un istituto per la ricerca sul cancro: ha mai sentito parlare del link ABC (abortion-brest cancer)?

  • No, non ho mai sentito parlare... ma mi incuriosisce, mi andrò a documentare!

Francesca Romana Poleggi

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