Michel Onfray non è un ateo qualunque. È un miscredente militante, il cui saggio più noto ha un titolo che parla da solo: Trattato di ateologia. Negli ultimi anni, tuttavia, questo intellettuale, che pare quasi la versione transalpina (e un po’ più raffinata) di un militante dell’Uaar, non ha mancato di sorprenderci. Quando si parla di transumanesimo o di rivoluzione antropologica, le posizioni di Onfray, più che cristiane sono “ragionevoli”. Viene fuori così il lato migliore dell’illuminismo perenne di una certa classe intellettuale francese, sempre in bilico tra spirito critico e irreggimentazione.
In occasione dell’uscita del suo ultimo saggio, dal titolo Le fétiche et le merchandise (“Il feticcio e la merce”), ecco cosa dichiara Michel Onfray in un’intervista al Foglio: «Non sorprende che questo disumanesimo veterinario abbia i suoi sostenitori. La cosa più sconvolgente è che i nuovi barbari siano reclutati a sinistra, tra coloro che si definiscono progressisti e celebrano il progresso solo nella misura in cui funziona per diffondere il nichilismo». Il filosofo rincara la dose, affermando: «Ciò che prima faceva il veterinario, ora lo fa il medico con gli esseri umani: selezionare le razze, abortire i prodotti scadenti, selezionare ovuli e spermatozoi, creare banche del seme, raccogliere lo sperma dei maschi, inseminare le femmine, affittare gli uteri». Ce n’è anche per l’«eutanasia degli improduttivi, dei vecchi, dei malati e dei disabili», in quest’ottica utili «per produrre compost utilizzato per il giardinaggio ma che senza dubbio verrà presto utilizzato per l’agricoltura… sarebbe così eco-responsabile!», aggiunge con cinico sarcasmo l’intellettuale francese, concedendosi così anche una bordata all’attuale eco-isteria dominante.
Se c’è una cosa che a Onfray non va proprio giù è l’idea di un corpo diventato un «feticcio», destinato a essere «venduto, affittato o gettato via». Il filosofo francese stigmatizza «il corpo venduto o affittato in blocco o al dettaglio», un corpo «oggettivato, reificato, in altre parole, trasformato in oggetto da mercificare». I trascorsi marxisti spingono Onfray a denunciare il «nuovo orizzonte del capitalismo, che avanza con la procreazione medicalmente assistita che mette a rischio la salute, la maternità surrogata presentata come etica mentre in realtà è commerciale e l’aborto fino al nono mese per motivi psico-sociali». Onfray accusa il tradimento della nuova gauche che consegna il proletario e l’operaio alla «pattumiera della storia», per gettarsi «tra le braccia dell’ideologia wokista americana», la quale «fornisce un’ideologia chiavi in mano al cosiddetto capitalismo progressista».
Il filosofo transalpino non si fida nemmeno di Elon Musk e delle sue aspirazioni a «conquistare lo spazio extraterrestre in modo che l’élite umana da lui scelta possa vivere fuori dal Pianeta». Ora che «Tesla sta lavorando sull’intelligenza artificiale» e che «Neuralink sta iniziando a collegare i cervelli alla rete», Onfray considera il post-umano «inevitabile». Le sue conclusioni sono sconsolate: «Ci stiamo dirigendo verso una civiltà totale che metterà fine a tutte le altre civiltà… i barbari di oggi diventano sempre i civilizzati di domani». Davvero, come sostiene Onfray, non c’è speranza? Di sicuro, finché esisteranno menti come la sua, un barlume di sensatezza rimane e va custodito tenacemente.