Finalmente qualche voce femminista che si leva nel denunciare il turpe mercimonio di donne (e bambini) noto come utero in affitto.
Marina Corradi, lei stessa femminista, ne scrive sull’Avvenire: “fa paura l’idea di un mondo in cui le donne tacciano, e guardino da un’altra parte”.
Invece, pare che le donne comincino a parlare. La Corradi cita la filosofa Sylviane Agacinski (di cui abbiamo parlato, per esempio, qui) già docente alla Ecole des hautes études en sciences sociales e firmataria con centinaia di intellettuali del manifesto Stop surrogacy pubblicato nel maggio scorso su Libération (al Manifesto ha aderito anche uno come José Bové, guru francese della lotta contro gli Ogm).
Parla, poi, di Luisa Muraro, pensatrice icona del femminismo italiano, che ha detto: «Io ho sempre dato come scontata per i Paesi europei, almeno per quelli più antichi, una posizione di civiltà acquisita. Ora invece nulla è più scontato, a causa di questo fenomeno per cui si inventano ‘diritti’ di tutti i tipi. Non esiste un diritto ad avere figli a tutti i costi, eppure ce lo vogliono far credere: finito il tempo delle grandi aggregazioni e dei partiti, è un nuovo modo di fare politica cercando consensi. L’utero in affitto è la strada attuale per lo sfruttamento del corpo delle donne».
E invece i media, ben foraggiati dai soldi delle cliniche della fertilità e delle case farmaceutiche, continuano a martellarci con un fantomatico ‘diritto a un figlio’ assoluto e idolatrico. Quando poi il figlio è di un uomo che finge d’averlo generato insieme al suo compagno maschio, diventa la pretesa del ‘diritto’ meno naturale che ci sia. Dentro un sentimentalismo ‘generoso’ si nasconde un individualismo sopraffattore: ci si serve del corpo di una donna, il bambino è comprato come una mercanzia.
Redazione
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