Il problema dei vaccini sì e vaccini no è altamente divisivo. Sappiamo che malattie tremende come il vaiolo sono state debellate grazie ai vaccini. Della poliomielite non si registrano più casi in Italia dal 1982, grazie ai vaccini.
Sappiamo che un fine buono non giustifica mai un’azione malvagia, né la cooperazione all’azione stessa. E sappiamo anche che tanti vaccini non provengono da cellule umane.
Purtroppo sappiamo che dietro ai vaccini c’è anche un grosso business e tanta ideologia, per cui è difficile ottenere informazioni oggettive.
Abbiamo già esposto le considerazioni di un esponente di spicco della cultura prolife, il dottor Brian Clowes di Human Life International, che con i dovuti distinguo spiegava quando e perché si possa moralmente accettare di somministrare un vaccino di dubbia provenienza.
Oggi torniamo sulla questione ospitando un’opinione più intransigente sul “No” ai vaccini.
Intanto, però, la legge è in vigore e i genitori che vogliono mandare i figli a scuola si trovano davanti a possibili sanzioni e a una bella gatta da pelare.
Il dibattito sui vaccini è divenuto, come volasi dimostrare, un muro contro muro che nulla ha di buono.
La storia insegna infatti che laddove si è passati all’obbligo si è ottenuto l’effetto opposto, e questo rischia di essere il risultato finale del c.d. Decreto Lorenzin.
Tutto di un fiato si è voluta proporre una legge coercitiva, senza nemmeno lasciare lo spazio ai genitori per rendersi conto di cosa si trattasse; senza insomma organizzare un vero dibattito, men che meno un confronto scientifico.
Nonostante la circolare del Ministero della Salute parlasse di dimostrazioni scientifiche et simila, ciò non è affatto avvenuto dimostrandolo, con le diverse radiazioni avvenute all’interno dell’ordine dei medici a danno di quei dottori i quali, pur anche pacatamente, cercavano di alimentare un dibattito che portasse a riflettere sui rischi della vaccinazioni indistinta e di massa, e dunque non dell’efficacia del vaccino in sé.
Tuttavia non è l’argomento scientifico che a noi interessa. Questo non perché la scienza non sia fondamentale, anzi, ma perché non è la sede e nemmeno chi scrive ha le competenze per poterne trattare.
Va analizzata piuttosto la dimensione etica e morale della cosa, cercando di comprendere se di interesse della salute collettiva si tratta – interesse che viene dichiarato dal Ministero – o altro.
Da credenti, da persone che ritengono la Vita qualcosa di inviolabile, da difendere con “il coltello fra i denti” insieme al nucleo della famiglia, naturale perché riflesso di un disegno sovrannaturale, ci siamo mai domandati se il sistema sanitario vuole veramente o coerentemente il nostro bene?
Per rispondere a questo quesito non si può d’altronde fare finta che il suddetto sistema non sia lo stesso a favorire, divulgare ed incentivare pratiche aberranti quali l’aborto, la fecondazione in vitro, l’eutanasia, la riproduzione genetica e via di scorrendo... La distinzione, o se vogliamo separazione, da ciò che bene da ciò che è male risulta molto pericolosa, poiché impedisce di farci intendere il vizio di forma con cui partono le intenzioni: un sistema sanitario che propone l’aborto come vanto scientifico e sociale, è viziato fin dalle prime radici. Da tale evidenza possiamo perciò evincere la velenosità con cui tutte le altre intenzioni proposte, nessuna esclusa, partano sin dal primo loro lancio.
Al fine di comprendere il problema è necessario anzitutto capire quali siano tre delle linee cellulari contenute nei vaccini ad oggi conosciute: il primo è della linea WI-38 (Istituto di Winstar 38), contenente fibroblasti diploidi di polmone umano, provenienti da un feto femmina che è stato abortito perché “la famiglia aveva troppi bambini” (G. al di et di Sven., 1969). Fu preparato e sviluppato da Leonard Hayflick nel 1964 (L. Hayflick, 1965; G. al di et di Sven., 1969). WI-38 è usato per la preparazione del vaccino storico RA 27/3 contro la rosolia (S.A. Al di et di Plotkin 1965).
La seconda linea di cellula umana è MRC-5 (Consiglio di Ricerca Medico 5) umano, polmone, embrionale), con fibroblasti di polmone umano che provengono da un feto maschio di 14 settimane abortito per “ragioni psichiatriche” da una donna di 27 anni nel Regno Unito. MRC-5 è stato preparato e sviluppato da J.P. Jacobs nel 1966 (J.P. Al di et di Jacobs 1970).
La terza linea, molto più recente, si chiama WALVAX 2 ed è derivata dal tessuto polmonare di un feto di sesso femminile, di età gestazionale di circa tre mesi scelto tra 9 campioni di feti abortiti. Secondo uno dei primi studi pubblicati nel 2008 circa, gli scienziati hanno notato che le cellule WALVAX 2 si replicano più rapidamente rispetto alle linee cellulari già esistenti.
Gli stessi autori dello studio hanno effettivamente interrotto la gravidanza in nove donne cinesi, facendo peraltro una ricerca accurata dei genitori fino a quando non hanno trovato quello giusto. Le donne sono state costrette effettuare un parto abbondantemente prematuro, con la tecnica chiamata“water bagging” (versione rapida del parto in acqua) che rende certa la nascita di feti vivi, i cui organi intatti sono stati immediatamente inviati ai laboratori per prelevarne le cellule.
Negli studi resi noti da CDC, (Centers for Disease Control) e da NCBI il National Center for Biotechnology Information (Centro Nazionale per le Informazioni Biotecnologiche degli Stati Uniti), si parla tranquillamente di queste linee cellulari e dei metodi utilizzati per ottenere particolarmente WALVAX 2, ovvero la più recente e la più produttiva:
“Abbiamo sviluppato un nuovo ceppo di cellule diploidi umane, Walvax-2, che abbiamo derivato dal tessuto polmonare di un feto di 3 mesi (…) Abbiamo ottenuto 9 feti attraverso uno screening rigoroso basato su criteri di inclusione accuratamente specificati (vedi sezione Metodi). Il ceppo di Walvax-2 ha soddisfatto tutti questi criteri e si è rivelata la migliore linea cellulare dopo un’attenta valutazione. Quindi è stato usato per creare un ceppo di cellule diploidi umane. Walvax-2 è stato derivato da un tessuto polmonare fetale, simile a WI-38 e MRC-5, ed è stato ottenuto da un feto femminile di 3 mesi”.
Insomma, che molti vaccini siano stati prodotti e vengano ancora oggi prodotti con linee cellulari ricavate da feti morti per procurato aborto, è nozione comune nonostante qualcuno, abilmente, tenti di smarcarsi o far finta che questa malefica cooperazione non esista. Così come certamente esisterà in diversi altri farmaci.
I ricercatori Montanari e Gatti, di recente, rilasciando un’ intervista ad un sito [1] di controinformazione e bioetica hanno reso noti alcuni dati interessanti. Vediamo qualche stralcio di dichiarazione rilasciata da uno dei due scienziati: «Per alcuni vaccini si usano tessuti di feti abortiti volontariamente. (…) Questo – dice Montanari – perché i vaccini hanno bisogno di un terreno particolare per essere prodotti e alcuni vengono benissimo se si tratta di tessuti fetali umani». Non solo questo ci ricorda il Professore, ma anche che «il feto deve forzatamente essere in ottime condizioni». E ancora: “I feti sono abortiti volontariamente a scopo di vendita. Esistono le fatture di acquisto recentissime di questi feti divisi in parti anatomiche e i documenti sono nelle mani di FBI e Congresso USA».
Oltre a queste importanti informazioni, non forniteci da un chicchessia qualunque, possiamo far fronte ad un’altra riflessione essenzialmente collegata allo scandalo della Planned Parenthood, già ampiamente trattata su queste pagine. Questa fabbrica di aborti – che ne produce circa 330.000 all’anno – si è vista travolta dalle notizie trapelate dall’interno che con tanto di video documentavano le diaboliche operazioni premeditate davanti a gustosi calici di vino. Pensando all’uso “scientifico” o sperimentale dei tessuti fetali abortiti, a volte cercando di farli nascere a cuor battente per conservare meglio gli organi, poi suddivisi e rivenduti a 325 dollari l’uno ( più le spese di trasporto con speciali congelatori ), non possiamo fare a meno di unire i puntini che del resto mostrano già lo squallido disegno a monte: oltre agli esperimenti, le molte aziende coinvolte in questo smercio collaborano attivamente con le case farmaceutiche. Le case farmaceutiche, a loro volta, producono vaccini. E nei vaccini, guarda caso, sono presenti linee cellulari di feti abortiti.
La domanda si pone per ogni persona credente, e tutto sommato anche per ebrei e musulmani, visto che all’interno di molti vaccini sono presenti cellule di maiale. Così come per i vegani o i vegetariani – oltre a quelle di maiali sono presenti anche cellule di pollo e scimmia.
Per un cristiano, è dunque lecito far vaccinare il proprio figlio tenuto conto dei fatti or ora elencati?
Queste situazioni, laddove si decide di prendere una posizione che vada a collaborare con un atto malvagio, viene definita in teologia morale come “cooperazione al male”. A parlare di questo fatto fu anche la Pontificia Accademia per la Vita in un documento emesso nel 2005 [2]. Questa cooperazione al male si distingue fondamentalmente fra “cooperazione al male formale” e “cooperazione al male materiale”. Per scendere nei dettagli teologici bisognerebbe disporre di spazio e tempo che ora non abbiamo. Ad ogni modo, poi, la questione nella coscienza di un credente deve risolversi con brevi ma importanti considerazioni. Nel caso dei vaccini, lo ripetiamo, è lecita o no questa evidente cooperazione al male?
Il documento della PAV parlava di un’unica possibilità in cui questa cooperazione sarebbe stata tollerabile:
«Per quanto riguarda le malattie contro le quali non ci sono ancora vaccini alternativi, disponibili, eticamente accettabili, è doveroso astenersi dall’usare questi vaccini solo se ciò può essere fatto senza far correre dei rischi di salute significativi ai bambini e, indirettamente, alla popolazione in generale.
Ma se questi fossero esposti a pericoli di salute notevoli, possono essere usati provvisoriamente anche i vaccini con problemi morali. La ragione morale è che il dovere di evitare la cooperazione materiale passiva non obbliga se c’è grave incomodo. In più, ci troviamo, in tale caso, una ragione proporzionata per accettare l’uso di questi vaccini in presenza del pericolo di favorire la diffusione dell’agente patologico, a causa dell’assenza di vaccinazione dei bambini».
Abbiamo la certezza che oggi esistano vaccini non fabbricati con queste linee cellulari ricavate da tessuti di bambini uccisi volontariamente e magari con il premeditato ed indegno utilitarismo di qualche medico o scienziato (come probabilmente accaduto con la recente linea WALVAX 2, in Cina, dove l’aborto è un dovere obbligatorio) che persuadeva la donna ad abortire un feto sano per ricavarne esperimenti su esperimenti da offirire come sacrificio umano alle potenze farmaceutiche? No, questa certezza non l’abbiamo e probabilmente non la avremo mai.
Invece, nonostante ci abbiano abituati ad un insano terrorismo mediatico che non porta a nulla di buono, se non ad uno scontro fra le due parti, sappiamo che ad oggi non vi è nessuna epidemia in grado di allarme o mettere in pericolo il singolo o la collettività.
Fatte queste doverose considerazioni, la domanda risuona più forte che mai: chi di noi ha il coraggio di essere cooperatore? Chi di noi può dormire tranquillo o non farsi scrupoli sapendo che al proprio figlio sarà inoculato un vaccino avente al suo interno parti di un bambino che non ha mai visto la luce del sole?
Sono semplici domande, che penso meritino quantomeno un accurato approfondimento e un discernimento non sminuito ai minimi termini.
Perché la morale torni a trionfare, è necessario che alla morale si pensi con giudizio etico e razionale.
Cristiano Lugli
[1] http://www.renovatio21.com/a-che-punto-siamo-intervista-a-tutto-campo-con-stefano-montanari/
[2] http://www.academiavita.org/_uploads/article_members_file/1038369767-Vaccini.pdf
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