Anche in ambito valoriale si fa strada la legge del più forte o il principio per cui “il pesce grande mangia quello piccolo”. Questo è quanto emerge da un articolo dell’Observatorio Internacional de Políticas Públicas y Familia.
Pare infatti che numerosi paesi latino-americani – la cui cultura ha sempre difeso la vita umana, compresa quella dei bimbi non nati – siano stati oggetto, negli ultimi anni, di non poche pressioni da parte di Comitati Internazionali di varia denominazione, il cui obiettivo sarebbe quello di promuovere l’aborto in circostanze sempre più ampie e indiscriminate.
Tali pressioni, espresse dai paragrafi delle “Osservazioni finali”, inviate ai vari Stati, assumono talvolta un carattere vincolante, non tenendo affatto conto della cultura locale, della libertà dei cittadini o della sovranità dei popoli.
Il sopracitato articolo, nel presentare le osservazioni finali di questi Comitati durante gli anni 2016 e 2017, ci mostra come i giudici usino la loro autorità per calpestare il diritto alla vita.
Notiamo infatti che gli Stati che hanno già una legge sull’aborto vengono sempre più esortati ad estenderne le condizioni di legalità e persino a rivedere la loro legislazione in modo di limitare l’obiezione di coscienza.
Per esempio, l’ Argentina, è stata sollecitata a legalizzare anche l’aborto eugenetico, nel caso in cui il bambino presenti delle malformazioni.
Ma se questi “caldi inviti” vengono proposti a chi già ha una legge sull’aborto, come non aspettarci che ciò avvenga, con maggiore insistenza, nei confronti dei paesi che considerano la soppresssione di una vita innocente un atto criminale?
È il caso della Costa Rica, dove l’aborto non è punibile solo nei casi in cui vi è un serio rischio per la vita e la salute delle donne, che è stata sollecitata ad includere i casi di stupro, incesto e disabilità del bambino.
Altro caso emblematico è quello del Paraguay, che, nel 2016, è stato visitato dal gruppo di lavoro del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite per valutare l’osservanza dei trattati sui diritti umani in quel paese. Di conseguenza, lo Stato ha ricevuto diverse osservazioni, che mirano a inserire alcune questioni nell’agenda locale.
Alcune di esse sono state accettate, come quelle relative all’uguaglianza di genere ed alla non discriminazione in base all’orientamento sessuale. Quelle non accettate invece riguardano la legalizzazione dell’aborto in caso di stupro, o “incompatibilità” con la vita extrauterina del bambino o rischio per la vita o la salute della madre (come se l’aborto non ne arrecasse di più gravi).
Questo rapporto sul Paraguay costituisce un programma ordinato ed esplicito di misure culturali imposte da un’organizzazione internazionale: il colonialismo ideologico.
Tale fenomeno, trae vita da una diseguaglianza (in questo caso di potere economico) che, ponendo alcuni individui (in questo caso Stati) in una posizione di svantaggio, scoraggia i più deboli nel voler mantenere e promuovere i loro valori culturali.
È questa forse una forma di libertà o di violenza?
Redazione
per un’informazione veritiera sulle conseguenze fisiche e psichiche dell’ aborto