04/03/2025 di Luca Marcolivio

Ragazzo punito a scuola per il “no” alla scala Lgbt. Il padre a Pro Vita: «Vergognoso, mio figlio etichettato come omofobo»

La propaganda gender e arcobaleno nelle scuole italiane, purtroppo, non è certo una novità, né è una cosa rara. Che qualche alunno esprima attivamente e apertamente il proprio dissenso è qualcosa, invece, di ben più raro e inconsueto. Ed è quello che è avvenuto in una scuola media statale di Verona. 

La vicenda è emersa a seguito di una segnalazione a mezzo stampa per iniziativa dell’ex parlamentare e ministro Carlo Giovanardi. Un tredicenne iscritto a una scuola media statale di Verona è stato oggetto di una nota disciplinare per essere salito al piano superiore (dove era prevista la proiezione di un film) non normalmente per i gradini, ma aggrappandosi alla ringhiera. Quanto a questo comportamento, divergono le versioni: secondo gli insegnanti l’alunno avrebbe manifestato il bizzarro comportamento reggendosi all’esterno della scala, quindi mettendo a repentaglio la propria e anche altrui incolumità. Secondo il diretto interessato (e secondo i suoi genitori), l’alunno si sarebbe, sì, aggrappato alla ringhiera ma dall’interno, quindi, in maniera oggettivamente meno pericolosa.

Al di là del merito del provvedimento disciplinare - per un comportamento oggettivamente pericoloso - il vero nocciolo della questione sta nella motivazione del comportamento di questo studente. Lo ha fatto per manifestare il proprio dissenso e non passare per la scala che la dirigenza scolastica ha fatto dipingere di arcobaleno, aggiungendo ai piedi dei gradini parole di per sé edificanti e rassicuranti come “fiducia”, “ascolto”, “rispetto”, “tolleranza”, “altruismo”, “lealtà”, “empatia”, “rispetto”, “accoglienza”, “fiducia”. In cima alla scala risalta, però, la scritta: «L’amore è amore, nient’altro». Chiaro ed evidente il riferimento ai cosiddetti “diritti” Lgbt+, e dunque della propaganda gender, dei quali la scuola in oggetto si dichiara sostenitrice. La “scala arcobaleno” è stata infatti inaugurata lo scorso 17 maggio, in coincidenza della giornata internazionale di contro l’omofobia.

Il gesto dello studente “ribelle” ha avuto però come conseguenza la dura reprimenda da parte del preside e degli insegnanti coinvolti. Il ragazzo, infatti, una volta fatto scendere da dove si era aggrappato, è stato condotto dal Preside. Quest'ultimo – secondo quanto riferito dal padre del tredicenne a Pro Vita & Famiglia che lo ha raggiunto telefonicamente – alla risposta del ragazzo «non salgo da quella scala perché non condivido le idee del movimento Lgbt+», avrebbe affermato che lo studente «si è così autodichiarato omofobo». Ebbene sì, il Dirigente Scolatico ha etichettato il ragazzo come un omofobo per aver espresso la sua distanza dalle idee arcobaleno del mondo Lgbt.

Chiesto e ottenuto un confronto con l’insegnante coinvolta, il padre del ragazzo ha avuto la conferma della convinta adesione della dirigenza e del corpo docente ai "valori Lgbt+". Da parte loro, i genitori dell’alunno hanno indirizzato una lettera al dirigente regionale e, per conoscenza, al ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, per contestare la reazione del preside. «Veniamo da Paesi diversi e democratici [entrambi i genitori sono stranieri, ndr], né io, né mia moglie siamo omofobi», spiega il padre a Pro Vita & Famiglia, «quindi etichettare come omofobo un bambino di 13 anni che non condivide le idee del movimento Lgbt+ lo ritengo grave». Ciò premesso, il genitore ritiene che l’ideologia Lgbt+ «nemmeno dovrebbe entrare nelle scuole».

Oltretutto, il ragazzo «non ha nemmeno usato terminologie volgari, omofobiche o offensive, semplicemente si è rifiutato di salire le scale». Il padre riferisce che, inoltre, il figlio ha vissuto e sta vivendo male l’episodio e lo ritiene come «il perpetrarsi di una vera e propria forma di violenza». In conclusione, il genitore aggiunge: «Siamo in uno Stato democratico, a prevalenza cattolico, in cui vigono i Patti Lateranensi ed è previsto l’insegnamento della religione cattolica: se tuttavia uno studente non vuole parteciparvi, non è obbligato a farlo. Non capisco, perché, allora – tanto più in una scuola statale – uno studente debba essere obbligato a salire su una “scala arcobaleno”. Credo che anche altri studenti siano a disagio nel percorrere quelle scale ma non hanno avuto il coraggio di mio figlio…».    

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