10/04/2025 di Giuliano Guzzo

Il gender non paga: Disney sotto inchiesta dell’ente governativo delle telecomunicazioni

Dopo la clamorosa batosta al botteghino di Biancaneve - film attesissimo e già ironicamente definito da alcuni «il flop più grande del reame» -, e dopo l’altrettanto clamorosa notizia dello stop ai lavori per il remake di Rapunzel (proprio a seguito del flop di “SnowWhite”), le cattive notizie per Disney non sono finite. Risale ad alcuni giorni fa, infatti, la notizia secondo cui la celebre casa di produzione di contenuti per bambini sarebbe sotto inchiesta da parte della Federal Communications Commission (Fcc), l'ente governativo statunitense incaricato di regolamentare le comunicazioni via radio, televisione, satellite, cavo e Internet negli Stati Uniti.

L’indagine

A rendere nota tale indagine è stato direttamente Brendan Carr, presidente della Fcc, il quale ha scritto direttamente a Robert Iger, Ceo della Disney, per comunicargli, appunto, di questa inchiesta; in tale missiva egli comunica che intende assicurarsi che la Disney e la sua divisione Abc News «non abbiano violato le normative Fcc sulle pari opportunità di lavoro promuovendo forme odiose di discriminazione Dei» in una modalità che non rispetterebbe le attuali norme governative. «Per decenni, la Disney si è concentrata sulla produzione di successi al botteghino e nella programmazione», ha scritto Carr nella lettera, «ma poi qualcosa è cambiato. La Disney è ora coinvolta in una serie di controversie sulle sue politiche Dei». «Voglio assicurarmi - ha spiegato - che la Disney ponga fine a tutte le iniziative discriminatorie nella sostanza, non solo nel nome», ha concluso il vertice di quello che è un po’ come il “guardiano delle telecomunicazioni” statunitensi. Si tratta di un ammonimento – per la cronaca rivolto anche ad altri colossi americani che si erano impegnati sul piano dell’ “inclusione” - affinché si adeguino all’ordine esecutivo del Presidente Trump contro i programmi Dei, acronimo di Diversity, Equity, and Inclusion, tre concetti in applicazione dei quali da decenni si propagandano ideologia woke e gender. Da parte sua, la Disney non pare finora essersi scomposta, anzi.

La risposta

«Stiamo esaminando la lettera della Federal Communications Commission e non vediamo l’ora di collaborare con la Commissione per rispondere alle sue domande», ha infatti dichiarato un portavoce della Disney all'emittente Cnbc, quasi a voler smorzare i toni. Staremo a vedere quali sviluppi avrà la vicenda, anche se difficilmente la nuova Amministrazione americana mollerà la presa. Non va infatti dimenticato come siano anni che la Disney è in conflitto con i repubblicani. Già nel 2023, infatti, il governatore della Florida, Ron DeSantis, si era scontrato con la Disney per la sua opposizione ad alcune sue iniziative (in particolare la Parental Rights in Education, disposizione che limita l’insegnamento dell’identità di genere ai bambini delle elementari e apostrofata dai media liberal come «Don’t Say Gay»).

La deriva woke Disney

Tanto più che il citato Ceo della Disney, Iger, tutto è fuorché una figura terza, essendo noto per avere posizioni politiche progressiste e liberali, in linea con quelle dell’élite culturale di Hollywood e del Partito democratico statunitense. Benché non sia un politico, le sue azioni e dichiarazioni pubbliche lo rendono una figura influente sul piano ideologico e culturale; soprattutto, egli si è distinti come un alfiere del progressismo al punto che, allorquando alcune realtà – incluse famiglie e genitori – si sono schierate contro le svolte woke della Disney, Iger le ha difese apertamente e a spada tratta, sostenendo che la celebre casa di produzione abbia perfino il dovere, udite udite, di «modellare una società più giusta». 

La politicizzazione in salsa woke ed arcobaleno della Disney – che peraltro, come ricordato in apertura – ha portato ben poca fortuna all’azienda, per usare un eufemismo, è stata non accidentale o casuale ma apertamente voluta dai suoi vertici. Gli stessi vertici che ora hanno sulla loro strada non qualche associazione di genitori o singoli governatori repubblicani, bensì la Casa Bianca e la Fcc: non esattamente due realtà che è bello avere per nemiche. Staremo quindi a vedere che effetti avrà l’iniziativa Brendan Carr e della Fcc, anche perché se davvero la Disney fosse portata a più miti consigli nei suoi contenuti – e tornasse davvero a fare autentico intrattenimento per bambini, senza contaminazioni di sorta -, facilmente ciò potrebbe generare un effetto a cascata sui media di mezzo mondo. 

 

 

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