Affinché un concetto passi, lo si sa, bisogna parlarne. Così, goccia a goccia, si annullano i tabù, si crea un apposito vocabolario, si invocano le predisposizioni genetiche o il diritto alla libera scelta, si dà ampio spazi a casi estremi, si approda alla discussione politica, finché... zac!, ecco la legge!
Nel passato questo percorso – che risponde a un preciso modello d’ingegneria sociale, The Overton Window («La finestra di Overton»), dal nome dell’ideatore – è stato messo in campo punto per punto per rendere accettati e poi legalizzati diversi temi sensibili: si pensi, su tutti, all’iter che ha portato alle leggi sul divorzio e sull’aborto.
Ultimamente questa stessa strategia è stata adottata per favorire l’introduzione dei matrimoni gay (per la neolingua, le “unioni civili”) e lo sdoganamento dell’utero in affitto (per la neolingua, la “gestazione per altri”). Ecco quindi spiegato perché oramai di questi temi si parla ovunque: nei salotti TV, mentre si è in fila alle poste, sulla metro intanto che si va al lavoro, eccetera. E tutti si sentono in dovere, oltre che in potere, di esprimere la propria opinione. Si gioca sul sentimento, sul senso di appartenenza a un mondo in continua rincorsa del progresso (o forse del decesso?), sul relativismo di pilatesca memoria per cui “Io non lo farei mai, ma...”.
Naturalmente in tutto questo i mass media giocano un ruolo fondamentale. Non ci dilunghiamo qui nel dimostrare come la stragrande maggioranza dei mezzi di comunicazione sia asservita a logiche economiche e di potere totalmente avverse alla causa della famiglia naturale e della vita, perché sarebbe come dimostrare che le foglie sono verdi in estate. La questione è ovvia a chiunque voglia guardare la realtà senza paraocchi.
Quel che vogliamo fare è invece parlare brevemente del programma “Radio Anch’io” – in onda nella prima parte della mattina su Rai Radio 1 – che mercoledì 28 ottobre ha dato spazio a un (fazioso) dibattito sul matrimonio gay e sull’utero in affitto, all’indomani della sentenza del Consiglio di Stato sull’impossibilità di trascrivere, in Italia, unioni tra persone dello stesso sesso.
Ospite in studio Marilena Grassadonia, neo-presidente (dopo Giuseppina La Delfa) dell’Associazione Famiglie Arcobaleno, cui si sono associati gli interventi in collegamento di Monica Cirinnà, Eugenia Roccella, Luigi Amicone, Francesco Belletti, Giovanni Maria Flick e Lucio Malan.
Il conduttore, Giorgio Zanchini, pur volendo sembrare super partes, non è riuscito a celare la sua posizione pro-gay. Basti sapere che le Sentinelle in Piedi sono state definite un “movimento oltranzista cattolico“...
In ogni caso, sono due gli aspetti assolutamente fuorvianti su cui vorremmo richiamare l’attenzione, fermo restando che gli spunti emersi sono moltissimi e meriterebbero tutti un approfondimento.
Innanzitutto è importante fermarsi sull’affermazione di Monica Cirinnà secondo cui, con il suo disegno di legge, non s’intenderebbe introdurre in Italia il matrimonio gay. Affermazione cui Eugenia Roccella ha lucidamente replicato: “E’ un matrimonio. Basti vedere che sono state fatte scelte diverse per i conviventi eterosessuali e omosessuali. Se non è matrimonio, ma diritti per conviventi, non sarebbe necessaria alcuna separazione sulla base – discriminante – dell’orientamento sessuale“.
In seconda battuta è interessante notare come si sia subdolamente tentato di far passare la pratica dell’utero in affitto – nome cha dà tanto, tanto fastidio a chi ne porta avanti la legalizzazione – come “un atto d’amore” per una coppia sterile (omo o etero). Perché – ha affermato la Grassadonia – “la donna non è un contenitore di cui si affittano parti. [...] <Le donne> decidono in maniera assolutamente consapevole (sic!) che quello che stanno portando in grembo non è loro figlio, ma stanno facendo quest’atto d’amore per una coppia di papà, piuttosto che di una mamma e di un papà“.
Insomma, affittare il proprio utero è stato fatto passare come un gesto altruistico, quasi si facesse volontariato. Peccato che si stia parlando di persone: di donne e di bambini di carne. E peccato che dietro vi sia un business che rende gli individui pari a degli oggetti da baratto.
Tutti sono capaci di raccontare bugie sulla pelle degli altri. Ma ai bambini chi ci pensa? Altro che l’hastag #figlisenzadiritti lanciato dalle Famiglie Arcobaleno... qui ci vorrebbe una bella riflessione sul #dirittodeifigli ad avere una mamma e un papà e a crescere in una famiglia.
Questo il link per chi volesse ascoltare l’intera puntata di “Radio Anch’io”: http://www.rai.tv/dl/portaleRadio/media/ContentItem-795021cd-621c-4672-9e2f-7fd413804f73.html
Teresa Moro