Le foto del bambino siriano morto sulla spiaggia hanno già fatto il giro del mondo, suscitando ovunque pietà, commozione, indignazione. Le foto dei bambini vittime dell’aborto, invece, sono censurate: non vanno vedute, non vengono neanche scattate.
Giorgio Celsi, Presidente di Ora et Labora in Difesa della Vita e vice presidente dl Comitato NO 194, ci pone una domanda inquietante: “Trova la differenza!”
Il giornalista che ha fatto lo scoop con la foto del bambino siriano morto sulla spiaggia perché non entra a far foto anche negli Ospedali abortisti dove, solo in Italia, vengono soppressi circa 300 bambini ogni giorno (e non sono numeri, sono bambini)?
Dove i bambini abortiti “terapeuticamente” (pardon direi eugeneticamente) a 23 settimane vengono spesso lasciati morire nei bidoni dei rifiuti, o sui tavoli operatori?
No, il bambino abortito non va fatto vedere, questi delitti devono essere pagati dal contribuente, ma non bisogna far vedere il risultato di quello di cui ci fanno complici.
Quanta ipocrisia in tanti giornalisti! Omettendo la drammatica verità dell’aborto si vendono per 30 denari alle lobby che lucrano sui corpicini dei bambini abortiti e a chi porta avanti ideologie malsane di morte. Di questo essi dovranno prima o poi rendere conto alle generazioni future che dovranno subire le gravi conseguenze della denatalità che sta portando l’Italia a una vera e propria eutanasia sociale.
“...della vostra vita, io domanderò conto; ne domanderò conto ad ogni essere vivente e domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo fratello.” (Genesi 9,5)
Vi invito a guardare e a divulgare per onore di cronaca il video che vi ho messo sotto.
(La visione è consigliata ad un pubblico adulto e forte, NDR) https://gloria.tv/media/
“Ogni volta che l’avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me”: Matteo 25,40.
Giorgio Celsi
N.D.R: la manina nella foto è di un bambino alla settima settimana di gravidanza (neanche 2 mesi) e proviene dal sito www.abortionno.org
DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DALLA LEGGE CIRINNA’