Quasi un anno e mezzo dopo aver riconosciuto la costituzionalità della riforma sanitaria di Barack Obama, la Corte suprema la riprende in esame. Questa volta per decidere se Obamacare rispetta la libertà religiosa di aziende a scopo di lucro e di gruppi non profit.
Alla soglia del massimo tribunale americano sono infatti approdati due degli oltre cento casi mossi da società, gruppi e associazioni, laiche e religiose, diocesi comprese, che non intendono piegarsi al cosiddetto «obbligo contraccettivo» contenuto nella legge: una misura che impone alla maggior parte dei datori di lavoro di fornire ai loro dipendenti un’assicurazione sanitaria che comprenda farmaci contraccettivi, abortivi e la sterilizzazione. La questione sulla quale la Corte suprema ha accettato di pronunciarsi è dunque se questi gruppi possono essere esenti dal «contraception mandate» in nome della loro coscienza, difesa dal primo emendamento della costituzione Usa e da una legge federale del 1993: l’atto per la «Restaurazione della libertà religiosa».
La Corte ascolterà gli avvocati delle due parti in marzo, e una decisione è attesa nei mesi seguenti, al più tardi a giugno. Allora il pronunciamento dei nove giudici costituzionali metterà la parola fine a una contesa in corso dal 2010, quando la legge venne approvata. Da allora Obamacare ha avuto un debutto a dir poco stentato, fra ricorsi, rinvii e, ultimamente, imbarazzanti problemi tecnici.
È stata dunque la stessa Amministrazione Obama a chiedere l’intervento della Corte suprema per armonizzare le sentenze contraddittorie emesse dai tribunali di livello inferiore, nella speranza di poter far accettare ai datori di lavoro Usa uno standard unico di copertura sanitaria, con un numero minimo di eccezioni. A quel punto potrebbe imporre a chi non si adegua pesanti multe, fino a un milione di dollari al giorno. «Crediamo che questo requisito, cioè il pagamento degli strumenti di controllo delle nascite, sia lecito ed essenziale per la salute delle donne e siamo fiduciosi che la Corte suprema sarà d’accordo», ha fatto sapere ieri la Casa Bianca.
Il dipartimento alla sanità Usa ha finora concesso l’obiezione di coscienza all’obbligo contraccettivo solo a organizzazioni la cui unica missione è l’insegnamento della religione o servizi educativi a correligionari – una definizione che non comprende nemmeno molte diocesi, senza contare ospedali ed enti caritatevoli o società a scopo di lucro ma ispirate a principi religiosi.
Ad aver superato per prime il percorso ad ostacoli di ricorsi ed appelli sono proprio le cause di due aziende private. Una è di Hobby Lobby, di Oklahoma City, una catena di negozi di materiali per l’arte e il tempo libero con 15mila dipendenti. Un tribunale d’appello ha dato loro ragione ai suoi fondatori, la famiglia Green, che si sono rifiutati di fornire copertura sanitaria per la pillola del giorno dopo e la pillola abortiva, in nome della loro fede cristiana.
Un altro caso riguarda la Conestoga Wood Specialties Corporation, che dà lavoro a 950 persone nelle sue fabbriche di pensili in legno in Pennsylvania e il cui appello è stato invece respinto dai giudici federali del Terzo circuito di Philadelphia. Il caso potrebbe costringere la Corte ad esprimersi sul momento di inizio della vita.