Lo scorso 24 giugno, con una decisione storica, la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha stabilito, in riferimento alla sentenza “Roe vs Wade” del 1973, che «La Costituzione non conferisce alcuno diritto all’aborto». La sentenza di quasi cinquant’anni fa, infatti, era stata la prima apertura di un importante paese dell’Occidente alla piena legalizzazione dell’aborto. Ma quella decisione, ci dice la Corte (con la maggioranza di 6 giudici su 9), era costituzionalmente errata ed è quindi stara revocata, riconsegnando così ai singoli Stati il diritto di disciplinare l’aborto secondo il volere dei cittadini elettori.
Un primo e importantissimo passo, dunque, per contrastare l’uccisione di una vita umana nel grembo materno, ma anche una sentenza di civiltà e democrazia, proprio perché riporta i cittadini elettori - e i loro rappresentanti - al centro di una decisione così importante e su un tema così fondamentale per la dignità della vita umana. Una ventata di Vita e democrazia, però, che non è piaciuta a chi della democrazia fa una propria bandiera da sventolare a correnti alterne.
Pensiamo, infatti, alle reazioni - tanto negli Usa quanto nella nostra Italia - dei progressisti pro-aborto, sprofondati in una vera e propria isteria per la sentenza della Corte Suprema. Innanzitutto, negli Stati Uniti, si sono fatti sentire i 3 giudici liberal che hanno votato a favore della “Roe vs Wade”: Sonia Sotomayor, Elena Kagan e Stephen Breyer hanno dichiarato che «tristemente», molte donne «hanno perso una tutela costituzionale fondamentale. Noi dissentiamo». A fare loro eco Kamala Harris, Hillary Clinton, Nancy Pelosi ma soprattutto il “cattolicissimo” presidente statunitense Joe Biden. Quest’ultimo ha addirittura dichiarato: «Sono sbalordito, è una decisone crudele. Così torniamo indietro nel tempo».
Ma come fa, ci chiediamo, un cattolico a parlare di “crudeltà” quando il vero atto crudele è uccidere un essere indifeso nel grembo materno, come ha più volte ribadito Papa Francesco, parlando di «assunzione di un sicario» in riferimento all’aborto? Ebbene, è possibile. E’ possibile perché anche alcuni politici “cattolici” del nostro Paese si sono resi protagonisti di una tale contraddizione. E, occorre ribadirlo, la contraddizione è tale perché non solo Catechismo, Magistero e Dottrina della Chiesa reputano l’aborto un abominio, ma anche perché la stessa Pontificia Accademia per la Vita ha diffuso, il giorno stesso della sentenza Usa, un comunicato in cui si legge che, «il fatto che un grande Paese con una lunga tradizione democratica abbia cambiato la sua posizione su questo tema sfida anche il mondo intero».
Una sfida che, lo si diceva prima, non sembra interessare a chi ha i paraocchi ideologici pro-aborto, come il segretario del Partito Democratico Enrico Letta e il ministro per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti, esponente di Italia Viva e dalla formazione cattolica e scoutistica. Il primo ha parlato di «furore ideologico nelle scelte della Corte Suprema degli Stati Uniti», chiamando in causa in modo fazioso, il dramma delle troppe armi in circolazione negli Usa. Il ministro Bonetti, invece, ha etichettato la decisione dei giudici come una notizia che addirittura «lascia sgomenti, che ferisce la dignità e i diritti delle donne». In particolare Letta sembra aver abbandonato definitivamente ogni principio da “catechismo”, soprattutto dopo altre sue recenti affermazioni che sono un inno al relativismo: «Sono cattolico - ha detto- ma se non vuoi divorziare non divorzi, se sei contro l'aborto non lo pratichi, se sei contro le relazioni omosessuali sei libero di non averne». Come si fa, quindi, ad essere favorevoli ad aborto, gender, eutanasia, magari addirittura all’utero in affitto e poi dirsi convintamente cattolici? Essere cristiani - e lo hanno ribadito nei decenni Pontefici come Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e in ultimo Papa Francesco - significa sporcarsi le mani nel mondo e nella società portando i propri valori, non - al contrario - farsi sporcare dalle istanze mondane.
E qui, infine, non parliamo solo di aborto e di Stati Uniti, ma appunto di tutte le questioni che toccano la morale e il sistema valoriale di un’intera società. Si citavano prima crimini aberranti come l’utero in affitto o l’eutanasia, ma in generale questioni non negoziabili come la libertà educativa dei genitori, il gender nelle scuole, l’adozione per persone dello stesso sesso, il matrimonio egualitario, la tutela della Vita fin dal suo concepimento. No. Letta & Company non possono stare con due piedi in una scarpa, non possono coprire con abiti cattolici i loro corpi da pro-aborto e pro-gender.
Ecco perché, la decisione di civiltà e democrazia della Corte Suprema ha scatenato questa isteria collettiva. Perché ha scoperchiato il vaso di Pandora e smascherato chi, finora, si è finto ciò che forse non è mai stato.