Il Consiglio regionale del Piemonte vieta l’obiezione di coscienza sull’aborto al personale sanitario che lavora nei consultori, così come aveva fatto a suo tempo il Lazio di Zingaretti.
Commenta Giovanni Ramonda, della Comunità Papa Giovanni XXIII: «Dalla nostra esperienza accanto alle donne in difficoltà nel portare avanti la gravidanza emerge che il vero problema non è facilitare l’accesso all’aborto, ma offrire loro un valido aiuto per rimuovere le cause che inducono all’aborto, così come stabilisce la stessa legge 194».
«Come associazione abbiamo più volte denunciato il fatto che il percorso verso l’aborto oggi viene spesso gestito come una normale pratica sanitaria – prosegue Ramonda –. La donna non solo non viene adeguatamente sostenuta ed aiutata nella scelta di proseguire la gravidanza, ma in un caso su tre le donne che si sono rivolte alla nostra associazione nel corso del 2015 hanno denunciato di aver subito pressioni per abortire.
Al contrario, quando hanno ricevuto una vicinanza e un aiuto concreto, due donne su tre, tra quelle che stavano valutando di abortire, hanno invece scelto di tenere il bambino. Un risultato eccezionale che se proiettato a livello nazionale potrebbe salvare migliaia di bambini».
I signori della morte, invece, continuano a sostenere che i medici non possono sollevare obiezione di coscienza né alla fornitura di pillole abortive, né alla fornitura delle certificazioni necessarie per l’aborto, in quanto queste azioni, materialmente, non tolgono la vita a nessuno.
Redazione