13/11/2015

Aborto – Ingombranti piccoli resti da dimenticare... che farne?

Tra i video inediti sui macabri traffici di bambini vittime dell’aborto, da parte di Planned Parenthood, ce n’è uno in cui si parla e si ride dello smaltimento dei poveri resti.

“Non lontano da noi delle fiamme salivano da una fossa, delle fiamme gigantesche. Vi si bruciava qualche cosa. Un autocarro si avvicinò e scaricò il suo carico: erano dei bambini. Dei neonati! Sì, l’avevo visto, l’avevo visto con i miei occhi… dei bambini nelle fiamme. Intorno a noi tutti piangevano… Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo…Mai dimenticherò quel fumo… Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto.”

(Elie Wiesel, La Notte)

Sceglie così il giornalista Jonathan Van Maren di aprire il suo articolo We’re burning babies, pubblicato inizialmente dal programma radiofonico The Bridgehead, e poi ripubblicato da Life Site News qualche giorno fa. Il passo è da “La Notte” (1958) di Elie Wiesel, in cui lo scrittore racconta ciò che i suoi stessi occhi non poterono comprendere, ma che comunque accadde dinanzi a lui, ad Auschwitz III-Monowitz e Buchenwald.

Il parallelismo è venuto spontaneo dopo aver visto il gruppo di tre video intitolati “Smaltimento Fetale” (Fetal Disposition), facenti parte della serie più ampia di registrazioni effettuate in incognito da David Daleidan e il Center for Medical Progress (CMP) ai dirigenti della Planned Parenthood, mentre questi discutevano sulla vendita degli organi dei bambini abortiti. (Chi capisce l’inglese può vedere i tre filmati che durano circa 20 minuti l’uno, cliccando qui).

Mentre per ordine della corte, Daleidan ed il CMP sono stati diffidati dal pubblicare altri video sulla Planned Parenthood, questi tre filmati, registrati da Daleidan e la sua spalla, la giornalista Susan Tennenbaum, durante l’incontro annuale della National Abortion Foundation a San Francisco, California, tenutosi il 7 aprile 2014, sono stati pubblicati dalla GotNews.com, che ha ottenuto i filmati da membri del Congresso non soggetti all’ordine della corte.

Ha fatto gelare il sangue nelle vene vedere le calme, composte donne dell’alta borghesia mentre “discutono su come gestire cumuli e cumuli di infanti irrimediabilmente stracciati”. Dovrebbe far venire i brividi alla società intera, pensare che mentre si cammina per le strade e sui marciapiedi, sotto, nelle fogne, scorrono il sangue ed i resti della sua silenziosa prole assassinata.

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Sulla maglietta: “Tenete le vostre leggi fuori dal mio corpo”. Sul bambino: “Questo non è il tuo corpo”. Sotto, in piccolo: “Tenete la vostra “scelta” fuori dalle nostre tasse; togliete le sovvenzioni a Planned Parenthhod”

Durante l’incontro della National Abortion Foundation, mentre procede la discussione su cosa fare con i resti di questi bambini, fastidiosi anche da morti, Renee Chelian, titolare di tre cliniche intorno a Detroit, rivela le sue difficoltà. “Lo smaltimento tra i rifiuti [per feti abortiti] è l’opzione  legale, ma mi fa vomitare”, afferma tra mormorii simpatizzanti.

“C’erano 45 cliniche nell’Area Metropolitana di Detroit, e molte di loro usavano questo sistema ... una legge del Michigan risalente a 40 anni fa, afferma che i rifiuti patologici possono andare benissimo nelle fogne.”

La Chelian spiega di aver tentato con i servizi mortuari che, però, alla fine non sapevano neppure come quantificare il costo. “Mi hanno fatto vedere un sacco per i cadaveri, ed io ho gli ho detto un cosa tipo: ‘Amico, dobbiamo usare un barattolo della Tupperware’. Sicché nel video si parla di barattoli da congelatore pieni di tessuto fetale mischiato: neppure i crematori li volevano.

A un certo punto, la Chelian inizia a ridere, e dice che bisognerebbe ridare i bambini indietro ai loro genitori. “Siamo stati tentati di farlo. Potremmo restituire a ciascuno il suo in un sacchetto regalo e poi ognuno decide cosa farci. Era la loro gravidanza. Perché deve essere il nostro problema?”

“Nessuno vuole parlare di corpi morti”, strilla quasi la Chelian. “E nessuno tranne me! Sto solo dicendo. C’è stato un punto in cui Stericycle [compagnia di gestione rifiuti ospedalieri e farmacologici ndt] ci ha licenziati perché avevo più di cinque mesi di tessuti fetali nei miei congelatori. Stavamo affittando congelatori per metterceli dentro. Non pensavo ad altro che a tessuto fetale. Ero così consumata dal pensiero del tessuto fetale, che ero pronta a guidare fino al Michigan superiore per accendere un falò. E stavo cercando di immaginarmi, capisci, come avrei potuto fare per non farmi beccare... ”

La Chelian era preoccupata, perché gli attivisti pro-vita avrebbero potuto far chiudere le sue cliniche per violazione delle norme igieniche. “Ho parlato con i ricercatori, e mi hanno detto che prendono il tessuto, ma non tutto. Ed una delle cose che mi ha detto il crematorio è stata: “Chi verrà a riprendersi le ceneri?” Ed io ho detto: “Non lo so, lo devo fare io?” e loro: “Non possiamo semplicemente buttarli, qualcuno deve esserne responsabile”. “Il che mi ha fatto veramente preoccupare. Cosa dovevo fare, aprire una stanza da qualche parte distribuendo urne di ceneri?”. Seguono risate.

La Chelian propone poi di adottare un sistema che si usa in Europa: una “tecnologia verde” che funziona a mo’ di lavastoviglie, “si accende come una lavastoviglie” ha annunciato fieramente. “Si aggiunge qualche sostanza chimica ... inserisci il programma, e poi scarica nelle fogne: mi sembra un’idea veramente fantastica, ma non ricordo se sia stata approvata negli Stati Uniti o solo in qualche stato progressista come Washington”.

Un’abortista canadese appare nella discussione affermando che lei di problemi con il disfacimento dei corpi non ne aveva: “Non so voi, ma certamente i nostri rifiuti vanno a Portland”. “L’infrastruttura è un termovalorizzatore”. Come riportavano le fonti d’informazione, infatti, al tempo delle registrazioni, i resti dei bambini canadesi non nati venivano bruciati con i rifiuti per fornire energia alla società che li aveva scartati. Ma del resto, chiede la Chelian, cos’altro ci fai con “un barattolo pieno di resti del primo trimestre?”

Ci vuole vigilanza: un’altra donna concorda, preoccupata che un cimitero che aveva accettato le ceneri dei feti cremati potesse “trasformarsi in un memoriale per i bambini morti o qualcosa del genere.” Altre risate attraversano l’aula.

Ciò sarebbe veramente inaccettabile, questi bambini devono, dopo tutto, essere dimenticati, no? Devono. È il motivo per cui esiste l’aborto.

Poi Daleidan è andato in giro per la sala, parlando con i vari abortisti, chiedendo come procurarsi tessuto fetale per scoprire quali cliniche avrebbero venduto i resti. “Potremmo ottenere fegato da voi?” chiede ad una donna bionda di mezz’età. “Il fegato è una cosa grossa al momento”, risponde con risatina e sorriso raccapricciante.

Van Maren conclude l’articolo affermando che ha “cercato di rendere questa realtà la più reale possibile ”. Dover rendere la realtà più reale, cosa significa?

Che la realtà è irreale per le persone.

Vuol dire che le persone rifiutano di vedere la realtà, si girano dall’altra parte facendo finta di niente. Negando la realtà, la si fa sparire, no? Nessuno lo sa… quindi non esiste.

È così che si nega la realtà…. non parlandone, tacciando di bigotteria medievale chiunque tenti di affrontare il discorso, parlando della libertà della donna, ma dimenticando la dignità del bambino, negando razionalmente la sua esistenza, inerpicandosi in linguaggi che mascherano, anche nei suoni e nell’evocazione delle immagini, la REALTÀ insopportabile.

Ma è crudele e reale l’effettivo sterminio che si sta consumando nei nostri giorni, in cui il regime dittatoriale del linguaggio e del pensiero vietano di pensare con la propria testa e di chiamare con il proprio nome ciò che è palese, ciò che si ha davanti agli occhi, ciò che bisognerebbe intuire che accada, anche senza vedere o sentire certe registrazioni, perché se c’è un aborto, vuol dire che un feto non c’è più nel corpo della donna. E cosa ne è stato? Ma figurarsi… era un ammasso di cellule?

Questa, del resto, è l’era in cui ognuno ha la “sua verità”, e quindi ognuno se la racconta come vuole. È scorretto e offensivo dire che la Verità è solo una.

La realtà italiana, benché meno “commerciale”, certamente non muta, non è diversa. Perché la realtà dell’aborto è la stessa. E nonostante l’esistenza di alcune associazioni come Difendere la Vita con Maria, che tramite convenzioni con le strutture ospedaliere si offrono di seppellire degnamente i bambini abortiti, la legge italiana prevede che i feti da venti settimane debbano essere inumati, ma quelli più piccoli, se non richiesti dai genitori, vengono smaltiti tra i rifiuti ospedalieri speciali ed altri materiali organici. E bruciati tra i rifiuti.

 Daniela Fraioli

DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DAI TENTATIVI DI

LEGALIZZAZIONE DELLE UNIONI CIVILI

 

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