Episodi di intolleranza e di violenza si verificano sempre più spesso contro le persone che – pacificamente e sommessamente – pregano fuori degli ospedali dove si praticano gli aborti. Recenti le aggressioni mediatiche, verbali, e non solo, subite dalla Comunità Papa Giovanni XXIII a Bologna, ricorrenti quelle che subisce Giorgio Celsi con la sua Ora et Labora in difesa della Vita – No 194, a Milano e altrove. All’estero, dove sono “più avanti”, il problema è spesso risolto dalla legge: in molti degli Stati Uniti d’America, in Canada e in Francia c’è il divieto di pregare, entro un certo raggio, fuori dalle cliniche abortiste. C’è anche chi (come il dottor Xavier Dor, o Mary Wagner) si è fatto la galera, per aver contravvenuto.
Negli USA, però, la Corte Suprema ha recentemente emesso una sentenza (McCullen v Coakley) a favore della libertà di espressione (vivaddio): e tutti gli Stati che lo avevano, hanno tolto il divieto. La cassazione è valsa anche per la legge del Massachusetts che dal 2007 istituiva questa sorta di “cordone antipreghiera” intorno agli abortifici. Oggi, più veloce della luce, il Governatore di quello Stato, Deval Patrick, ha firmato una nuova normativa chiamata “Legge per promuovere la sicurezza pubblica e proteggere l’accesso alle strutture sanitarie riproduttive” che dà ampia discrezionalità alla polizia nel decidere se le azioni di un “sidewalk counselor” limiti o no la libertà di aborto delle donne. I giuristi pro life hanno giudicato la nuova normativa peggiore di quella abrogata: in effetti, dare ampio potere discrezionale alla polizia è un sistema usato dalle dittature. Più che negli USA, sembra di stare in Cina...
Francesca Romana Poleggi