Da settimane gli ambienti della “cultura di morte”, come li chiamava Giovanni Paolo II, dicono e ripetono che se vincerà un certo schieramento politico le donne in Italia non potranno più abortire. E questo perché la legge 194 sarebbe abolita o sabotata.
In realtà non esiste nessun gruppo politico consistente che si propone di rivedere la legge o annullarla, come invece è accaduto negli Stati Uniti per la storica sentenza “Roe vs Wade”
Bisogna sottolineare, infatti, che dovrebbe essere ovvio (il condizionale è d’obbligo) che i difensori della vita facciano di tutto, attraverso la politica, la cultura, l’informazione e la sensibilizzazione, affinché si arrivi a ridiscutere ogni legge ambigua o a cancellarla se palesemente in contraddizione con la vita.
Secondo gli abortisti e secondo certa stampa, invece, la Meloni starebbe andando «all’attacco della 194», legge che secondo Repubblica «ha funzionato come poche altre». Praticamente fake news su fake news. Innanzitutto, infatti, come detto poc’anzi, nessun gruppo politico italiano ha nel programma di “attaccare” o cancellare la legge 194. Inoltre quel «funzionato come poche altre» in realtà vale soltanto se lo scopo è quello di promuovere la banalizzazione dell’aborto, ovvero la soppressione gratuita dei nascituri, siccome con oltre 6 milioni di “interventi” la legge ha davvero – purtroppo - funzionato egregiamente.
Eppure, secondo la stampa mainstream, «in Italia le Ivg sono crollate del 71%». E dunque l’Italia sarebbe uno «dei paesi con il più basso tasso di abortività del mondo». Gli aborti, infatti, sarebbero passati da 243 mila a 66 mila. Ma il calo che è intervenuto, dall’approvazione della legge (1978) ad oggi, ha tante cause. Le varie pillole abortive, che sono state diffuse in anni più recenti. La nuova consapevolezza di tanti giovani e giovanissimi che rispettano la vita più dei loro avi. E lo stesso lavoro dei gruppi pro life.
Se si plaude davvero al calo degli aborti allora bisognerebbe essere grati a quei medici, difesi dalla Meloni e osteggiati dal Pd, che si dichiarano obiettori rispetto a una operazione che non è per curare o salvare, ma finalizzata a distruggere la vita umana. L’attacco vero, semmai, è quello sferrato proprio alle realtà prolife. Alessandra Kustermann, ex primaria di ginecologia della clinica Mangiagalli di Milano, citata da Repubblica, parla infatti dei Cav (centri di aiuto alla vita), specificando che vanno bene ma «fuori dai consultori, lontani dai reparti della 194». Per non interferire «con il percorso della donna, cercando di colpevolizzarla».
Ora è inutile notare le palesi contraddizioni di questi ambienti che si richiamano al femminismo e permettono che migliaia di bambine siano falcidiate ogni anno, anzi ogni giorno, nel mondo.
Semplicemente non sono credibili. E le loro accuse alla Meloni, più che colpire la candidata di Fratelli d’Italia, mostrano le contraddizioni di chi vuole l’aborto libero gratuito e universale, ma poi dice di apprezzare il calo degli aborti stessi.