Ieri, venerdì 24 giugno 2022, deve essere ricordato come un giorno storico. La Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha stabilito, in riferimento alla sentenza “Roe vs Wade” del 1973, che «La Costituzione non conferisce alcuno diritto all’aborto».
La sentenza di quasi cinquant’anni fa, infatti, era stata la prima apertura di un importante paese dell’Occidente alla piena legalizzazione dell’aborto. Ma quella decisione, ci dice la Corte (con la netta maggioranza di 6 giudici su 9), era sbagliata. Ed ora è revocata e viene riconsegnato ai singoli Stati il diritto di disciplinare l’aborto secondo il volere dei cittadini elettori. Questo, quindi, consentirà a molti Stati di restringere le maglie della legislazione vigente o addirittura vietare del tutto la soppressione di esseri umani indifesi nel grembo materno.
Le reazioni di politici e associazioni, soprattutto americani, non si sono fatte attendere, in particolare si è notata una certa isteria da parte del mondo progressista e pro-aborto.
I primi ad esprimersi sono stati i 3 giudici liberal che si sono opposti alla decisione della Corte. Sonia Sotomayor, Elena Kagan e Stephen Breyer hanno dichiarato che «Tristemente», molte donne «hanno perso una tutela costituzionale fondamentale. Noi dissentiamo».
Per il presidente americano Joe Biden: «È una brutta giornata per gli Stati Uniti. Sono sbalordito, è una decisone crudele. Così torniamo indietro nel tempo». A livello etico ci appaiono come parole prive di senso. Anche quando si ferma una guerra o un genocidio, infatti, si torna “indietro”, ovvero a prima che quel massacro abbia avuto inizio. Da abortista convinto, Biden ha inoltre aggiunto, che «Roe v. Wade era la scelta giusta» e che «la lotta non finisce qui».
Secondo la vice presidente Kamala Harris, «La partita non è chiusa, gli elettori hanno l’ultima parola». La ex first lady Michelle Obama ha invece dichiarto: «Ho il cuore spezzato per gli americani che hanno perso il diritto fondamentale di assumere decisioni informate». Suo marito Barack ha tuonato contro «l’attacco alle libertà fondamentali di milioni di americani».
Per Hillary Clinton la decisione della Corte rappresenta «un’infamia» e «un passo indietro per i diritti delle donne e i diritti umani». Per la speaker della Camera Nancy Pelosi «oggi le donne americane hanno meno libertà delle loro madri». La sentenza della Corte sarebbe «crudele, oltraggiosa e straziante». Tra i politici europei, invece, anche il presidente francese Emmanuel Macron si è scagliato contro la decisione dei giudici, definendo l’aborto «un diritto fondamentale per tutte le donne. Deve essere protetto. Desidero esprimere la mia solidarietà alle donne le cui libertà sono state minate dalla Corte Suprema degli Stati Uniti».
Secondo Donald Trump invece, la sentenza della Corte, «rispetta la Costituzione e restituisce quei diritti che avrebbero dovuto essere restituiti molto tempo fa». Si tratta, secondo l’ex presidente, della «maggior vittoria per la vita di questa generazione». A fargli eco Mike Pence, ex vicepresidente Usa: «Ha vinto la vita».
In Italia, tra le prime reazioni si segnalano quelle di Elena Bonetti, ministro per le pari opportunità e la famiglia, che ha criticato «una decisione che lascia sgomenti, che ferisce la dignità e i diritti delle donne». Enrico Letta, segretario del Pd, ha parlato di «furore ideologico nelle scelte della Corte Suprema degli Stati Uniti che contemporaneamente dice no alle donne e dice sì alle armi».
Emma Bonino, tra le principali ispiratrici della legge 194 del 1978 in Italia, ha dichiarato che: «È sicuramente un passo indietro e la mia solidarietà va alle donne americane che si ritrovano nella stessa situazione di decenni fa».
Tra le prese di posizione delle realtà ecclesiali, invece, la più toccante e significativa è parsa la dichiarazione dei vescovi americani. Un episcopato che, in mezzo secolo di lotte e tensioni, non ha mai mollato e ha sempre tenuto alta la bandiera pro life.
Secondo i vescovi, «Per quasi cinquant'anni, l'America ha applicato una legge ingiusta che ha permesso ad alcuni di decidere se altri possano vivere o morire; questa politica ha provocato la morte di decine di milioni di bambini prima della nascita».
La sentenza di ieri, in effetti, mette fine – almeno a livello costituzionale – al diritto di uccidere il nascituro innocente. Altro che perdita di un diritto.
«L'America – si legge nella nota dei vescovi - è stata fondata sulla verità che tutti gli uomini e le donne sono creati uguali, con diritti dati da Dio alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità. Questa verità è stata gravemente negata dalla sentenza Roe v. Wade della Corte Suprema degli Stati Uniti, che ha legalizzato e normalizzato la sottrazione di vite umane innocenti. Ringraziamo Dio oggi che la stessa Corte ha ribaltato questa decisione».
Dopo aver lodato e ringraziato gli «innumerevoli americani comuni di ogni ceto sociale» per «aver lavorato insieme pacificamente per educare e persuadere i loro vicini sull'ingiustizia dell'aborto, e offrire assistenza e consulenza alle donne e per lavorare per alternative all'aborto», gli stessi vescovi a stelle e strisce hanno concluso affermando che: «Ora è il momento di iniziare il lavoro di costruzione di un'America post-Roe».