A quasi un anno dal tanto discusso referendum sulla legalizzazione dell’aborto a San Marino, lo scorso 31 agosto, con 32 voti a favore, 7 contrari e 10 astenuti, è stata approvata la legge che depenalizza l'interruzione di gravidanza, dopo molte ore di discussione in Commissione e in Ufficio di presidenza. Ne abbiamo parlato con don Gabriele Mangiarotti, vicepresidente di “Accoglienza per la vita” che si è battuto convintamente contro l’approvazione della legge.
Quali conseguenze avrà l’approvazione di questa legge?
«Avrà un peso grave. Peraltro, lo scopo dichiarato del referendum era la depenalizzazione dell’aborto, ma nel contesto della legge hanno introdotto, invece, una serie di argomentazioni che non facevano parte del contenuto della proposta referendaria. Mi riferisco ad esempio, ad una vera e propria forma di statalismo nei confronti della scuola, che consiste nel togliere la responsabilità educativa, affettiva e sessuale alla famiglia per affidarla completamente allo stato. Inoltre, con l’approvazione di questa legge, scompare la figura del padre che, di fatto, non conta niente nella decisione della donna di abortire. Per non parlare delle discriminazioni dal punto di vista del lavoro: si vuole istituire un consultorio che sia statale, a cui non possono partecipare membri obiettori, quindi anche il diritto al lavoro viene cancellato. Tutti aspetti che non erano presenti nel quesito referendario, ma che sono stati aggiunti per motivi ideologici»
La rivoluzione antropologica sta portando anche ad una visione rovesciata del concetto di “diritti umani”, come nel caso dell’aborto?
«Certamente. Infatti, una delle cose introdotte nella Costituzione del consultorio è l’ideologia del gender che non c’entra nulla con l’aborto. Quindi, in effetti, c’è una mutazione antropologica che si vuole imporre. Mi preme sottolineare anche che è una posizione arrogante quella che si è assunta nel far credere che questo pseudo diritto sia stato voluto da tutti: guardando ai numeri, i votanti residenti in San Marino sono 22000, gli aventi diritto al voto sono 35000. Solo 11.000 hanno espresso il sì al quesito referendario. Quindi i 24000 restanti o hanno votato no o non hanno proprio preso parte al referendum propositivo e hanno dimostrato, quindi, di non sentire come propria, questa battaglia referendaria».
Come “Accoglienza per la vita” come intendete muovervi?
«Noi abbiamo chiesto il parto in anonimato, per esempio. Abbiamo anche aiutato alcune madri a portare avanti la gravidanza. Inoltre, abbiamo e stiamo conducendo una battaglia culturale necessaria. Infine vogliamo combattere lo statalismo esasperato nella scuola. Sulla questione del diritto di lavoro, invece, escludere persone che hanno una concezione religiosa, educativa, morale, diversa, ci sembra una cosa più vicina agli stati totalitari che democratici»
All’indomani dell’approvazione della legge che ha decretato la legalizzazione dell’aborto a San Marino, qual è stata la posizione del PDCS (Partito Democratico Cristiano Sammarinese)? Ha riscontrato un atteggiamento di coerenza?
«Nel PDCS ci sono stati 9 astenuti, 7 contrari e 4 assenti. E’ stato l’unico gruppo consigliare ad aver espresso 7 voti contrari all’approvazione della legge. Peraltro sappiamo che almeno 4 consiglieri pro life che si erano dichiarati favorevoli alla vita hanno invece, votato a favore della legge. Ciò è avvenuto ed è preoccupante, probabilmente perché, i rappresentanti politici favorevoli all’aborto, hanno sottolineato che in questo caso non si sarebbe dovuto esprime alcun voto di coscienza. Un’affermazione che ha sicuramente influenzato i pro life, al punto da spingerli a votare contro la vita»