Negli Stati Uniti è stato pubblicato il report annuale – relativo al 2012 – che illustra le cifre dell’ aborto. I numeri sono da capogiro: 699.202 bambini sono stati uccisi legalmente negli Usa.
Difficile parlare di buona notizia, anche pensando alla riduzione di circa 31.000 unità rispetto al 2011, che porta i numeri assoluti dell’aborto ai minimi dal 2003. Restano comunque 1.915 gli omicidi legalizzati che ogni giorno si verificano nelle cliniche abortiste statunitensi: quando avrete finito di leggere queste poche righe, tra i due e i tre bambini saranno stati strappati prematuramente e violentemente dal grembo della loro madre sul territorio americano. Va inoltre ricordato che il report ufficiale, elaborato dal Centers for Disease Control (Cdc), non tiene in considerazione gli aborti praticati in California, Maryland e New Hampshire.
Dei 467.959 aborti per i quali è stata resa nota l’età gestazionale alla quale sono stati praticati, la distribuzione risulta essere la seguente: 308.058 sono stati eseguiti entro l’ottava settimana di gravidanza, 119.994 tra la nona e la tredicesima, mentre numeri consistentemente più bassi riguardano stadi più avanzati di gestazione, con l’uccisione di bambini anche oltre le 21 settimane (6.180).
L’ aborto è un fenomeno che riguarda soprattutto le donne sotto i trent’anni: lo 0,4% degli aborti registrati ha coinvolto adolescenti al di sotto dei 15 anni, mentre il 12,2% è stato praticato su ragazze tra i 15 e i 19 anni. Quasi il 60% delle gravidanze interrotte si sono verificate tra i 20 e i 29 anni di età della gestante.
Più della metà degli aborti (55%) ha interessato donne nere o ispaniche, confermando ancora una volta che l’ aborto è anche un problema di discriminazione razziale. Non va dimenticato infatti che Planned Parenthood, il più grande fornitore di servizi abortivi degli Usa, è stato fondato da Margaret Sanger, nota per le proprie convinzioni eugenetiche.
Carlo Cristofori