L’ aborto uccide un bambino e ferisce profondamente una donna, una madre. Chi fosse davvero “femminista” dovrebbe essere il primo degli anti abortisti.
Tra le tante, una testimonianza dall’America.
Carol Everett possedeva due cliniche per aborti e ne dirigeva quattro. Poi la conversione: e ora racconta la sua esperienza. L’abbiamo appresa da Life News.
Come tutte le cliniche per aborti c’erano delle sale dove le donne, dopo l’intervento, attendevano la cessazione degli effetti dell’anestesia e il ritorno delle forze per poter andare via. In quelle stanze la Everett assisteva di solito a due tipi di reazioni.
C’erano delle donne che si disperavano dicendo: “Ho ucciso il mio bambino”. Era la prima volta, probabilmente, che chiamavano il “prodotto del concepimento” col suo vero nome, bambino. E forse era la prima volta che usavano il verbo uccidere. Erano affrante, ma quella era la reazione più “sana”: riconoscere la verità dei fatti – che probabilmente fino ad allora non avevano voluto o saputo vedere – era l’inizio della elaborazione del lutto e della guarigione. Comunque uscivano dalla clinica distrutte.
La reazione del secondo tipo era molto più tremenda. Un rabbioso “Mi state tenendo qui da ore, me ne voglio andare”, o comunque proteste e ira per fatti decisamente non rilevanti – come se niente fosse stato: queste donne continuavano a negare la verità di ciò che avevano fatto, come del resto aveva fatto lei – la Everett – per tanti anni. Queste donne sono quelle che presto o tardi subiranno le conseguenze più tremende della sindrome post abortiva.
La stessa Everett ha dovuto fronteggiarla. Dicono che, in media, chi la riconosce e la cura impiega 5 anni a venirne fuori. Chi non l’affronta e non si cura rischia di dover convivere per tutta la vita con la depressione, l’ansia, gli incubi, i disturbi alimentari, le dipendenze, gli istinti suicidi o infanticidi...
C’è – addirittura – chi nega che la sindrome post aborto esista: la Everett è un’altra di quelle persone che, in base al suo vissuto personale, può attestare che anche la donna psichicamente più sana ed equilibrata, dall’aborto viene profondamente ferita.
Francesca Romana Poleggi