L’ aborto tardivo significa lasciar morire un bambino sul tavolo operatorio, in un’agonia che può durare anche ore se non viene fermata prima da un’iniezione letale. Ne abbiamo già parlato e abbiamo già stigmatizzato l’atteggiamento pilatesco del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa. Rilanciamo un articolo di Puppnick, di Novae Terrae, che i offre alcuni dettagli sulle ONG che Nils Muižnieks si è rifiutato di ricevere.
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Il 19 novembre, il giorno prima della Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia, il Commissario per i diritti umani nel Consiglio d’Europa ha affermato che la pratica dell’ infanticidio non è compresa nella sua sfera di competenze e si è rifiutato di incontrare le ONG che desideravano informarlo sul tema. A luglio anche il comitato dei ministri non ha potuto trattare l’argomento.
Il primo di novembre quattro organizzazioni non governative (International Catholic Child Bureau, World Union of Catholic Women’s Organisations, Federation of Catholic Family Associations in Europe e European Centre for Law and Justice) hanno chiesto tramite e-mail un incontro con Nils Muižnieks, Commissario per i diritti umani per il Consiglio d’Europa, per poter presentare un documento sul destino dei bambini nati vivi a seguito di un aborto . Ogni anno in Europa circa cento bambini nascono a seguito di una procedura abortiva dopo la ventesima settimana di gravidanza. Nella maggior parte dei casi, questi bambini vengono lasciati morire senza assistenza, faticando a respirare, a volte per diverse ore, o vengono uccisi con un’iniezione letale o soffocamento, per poi essere gettati tra i rifiuti organici.
Questi fatti sono attestati da dati ufficiali e dalle testimonianze di ostetriche. Secondo uno studio pubblicato nel British Journal of Obstetrics and Gynaecology, alle ventitreesima settimana di gravidanza, la percentuale di bambini sopravvissuti all’aborto è del 10%.
Abbandonare alcuni di questi bambini senza cure, o ucciderli, solo perché non sono desiderati, è una pratica disumana. Ecco perché le ONG vorrebbero incontrare il Commissario per i diritti umani per informarlo di queste pratiche disumane e per chiedere di riaffermare il principio secondo il quale tutti gli esseri umani nati vivi hanno lo stesso diritto di vivere e devono ricevere cure adeguate e necessarie, senza discriminazioni che dipendono dalle circostanze della nascita, nel rispetto dei diritti umani.
Il commissario però ha rifiutato di ricevere queste ONG, sostenendo che l’autorizzazione “non comprende questioni sollevate da organizzazioni firmatarie”. Tuttavia, lo scorso 15 gennaio il commissario aveva preso posizione contro l’aborto selettivo per genere, chiedendo di punirlo in quanto crimine. Inoltre la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, che celebra il venticinquesimo anniversario, ricorda che “il bambino, a causa dell’immaturità fisica e mentale, ha bisogno di salvaguardia e cure speciali, tra le quali un’adeguata protezione legale, prima e dopo la nascita”.
Riguardo a questa violazione dei diritti fondamentali, il comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, che riunisce i governi dei 47 stati membri, non è riuscito a raggiungere un accordo sui provvedimenti da adottare “per garantire che i feti sopravvissuti all’aborto non vengano privati delle cure mediche a cui hanno diritto, come persone umane nate vive, secondo la Convenzione Europea sui diritti umani”. Alcuni governi, per paura di mettere in dubbio l’aborto tardivo, rifiutano di riconoscere pubblicamente che i neonati hanno diritti.
Il rifiuto del Commissario per i diritti umani e l’incapacità del comitato dei ministri di affermare che tutti i neonati hanno il diritto di vivere e ricevere assistenza medica rappresentano una vera e propria vergogna e dimostrano un tacito consenso all’infanticidio e a procedure disumane.
Rimane tuttavia l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, che può avere il coraggio di affrontare la questione e compensare gli errori del commissario e del comitato dei ministri.
Grégor Puppinck
Fonte: NovaeTerrae