I progressi della medicina hanno portato ad estendere di molto la capacità di sopravvivere ai bambini nati gravemente prematuri: fino a pochi anni fa un bimbo alla 23° settimana di gestazione raramente avrebbe avuto la forza di poter superare le criticità iniziali.
Se questa può e deve essere considerata una notizia positiva, cozza però, come ci fa notare Il Sussidiario, con gli impianti normativi di alcuni Stati come l’Inghilterra dove l’ aborto è consentito sino alla 25° settimana.
Aggiungiamo, perché è bene ricordarlo, che anche in Italia la legge 194 consente l’aborto tardivo quando ci siano problemi di salute per il bambino (... un labbro leporino...) o per la madre (E’ il cosiddetto aborto “terapeutico”, ma che cosa “guarisce”?)
I dati gridano vendetta: mentre negli ultimi anni 120 bambini nati alla 23° settimana sono riusciti a sopravvivere, ogni anno circa 560 al medesimo stadio di sviluppo vengono abortiti.
Come abbiamo più volte detto, l’ aborto tardivo significa sempre più spesso andare incontro ad un vero e proprio parto per la donna; destino ben più crudele è riservato ai bambini che, nascendo vivi, vengono lasciati morire sul tavolo operatorio, tra i rifiuti ospedalieri o, nella più “magnanima” delle ipotesi, avvelenati con una iniezione letale.
Marika Poletti