27/04/2014

Aborto terapeutico: non salva la vita ma la uccide

Con i progressi della scienza e della medicina, nessuna malattia può considerarsi così grave da non essere affrontata per migliorare la vita del bambino nel grembo materno.

Per questo motivo la Conferenza Episcopale del Perù chiede al suo Governo di muoversi di conseguenza, non attivando protocolli atti ad agevolare l’accesso all’aborto da parte della donne.

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La Chiesa cattolica del Perù ha ribadito recentemente che l’aborto terapeutico, legale quando la vita della madre è in pericolo, “non salva, ma uccide”, per questo motivo il governo non deve approvarlo. “Gli aborti terapeutici non salvano la vita” afferma il comunicato della Conferenza Episcopale del Perù (Cep), pervenuto all’Agenzia Fides, che invita il Ministero della Sanità, incaricato di elaborare un protocollo che consentirebbe l’interruzione di gravidanza, a “preoccuparsi dei reali problemi della sanità pubblica e a non modificare la tutela costituzionale della persona concepita”.

Nel Paese latinoamericano l’aborto terapeutico è legale da 90 anni ma, secondo le autorità, per la mancanza di un protocollo medico, le donne che lo richiedono non possono accedervi. A marzo il Ministro della Sanità peruviano ha annunciato che il governo dovrebbe approvare entro giugno “la guida tecnica che regola l’aborto terapeutico”. A questo proposito la Conferenza Episcopale ha dichiarato che “l’approvazione del protocollo non andrebbe affatto a favore delle condizioni di salute dei peruviani, ma servirebbe a favorire le organizzazioni promotrici del fenomeno, il cui obiettivo è approvare il protocollo per poter poi successivamente praticare qualsiasi altro tipo di aborto, come già avviene negli altri Paesi”.

Inoltre la Cep ricorda che due ospedali di Lima, considerati come centri di eccellenza per le gravidanze e i parti complicati, segnalano che dal 2010 non è stata effettuata alcuna interruzione di gravidanza prevista in questo protocollo. “Con i progressi della medicina, non esiste nessuna patologia che non possa essere curata con un trattamento che consenta un risultato soddisfacente per la vita del nascituro e della madre” sottolinea la Conferenza Episcopale.

Fonte: Fides

 

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