06/08/2020

Accadde a Rossano Calabro, maggio 2010

La legge 194 consente l’eliminazione eugenetica di bambini difettosi. Anche con difetti lievi e perfettamente risolvibili. Ne parla Silvana De Mari su Notizie Pro Vita & Famiglia, n.85. maggio 2020 : Dumbo, oggi, verrebbe certamente abortito.
 
 
In Paesi come l’inghilterra l’aborto eugenetico è consentito fino al nono mese di gravidanza, in modo esplicito. In Italia, di fatto, la legge 194 consente la stessa cosa (se c’è pericolo grave per la salute della madre…), ma nessuno lo dice.
Un qualche professionista ha firmato il certificato per l’aborto perché la madre aveva la fobia di avere un feto imperfetto in utero.
Il piccolino non aveva capito di essere un prodotto di scarto e ha emesso il suono del pianto, il suono che serve per attirare la mamma, o qualcuno che ti dia consolazione.
Questa mamma doveva diventare mamma, doveva trovare sulla sua strada qualcuno che la aiutasse, non la burocratica e sovietica macchina della morte che la 194 ha creato, nascosta sotto l’ampollosa e menzognera parola “autodeterminazione”.
 
Malformazioni al palato e al labbro, ha detto l’ecografia. Labbro leporino, stiamo parlando di un labbro leporino. Non era privo di gambe e braccia, come Nick Vujicic, incredibile leader motivazionale. Abortito alla ventiduesima settimana, è nato vivo ed è stato messo in una scatola in attesa che avesse la cortesia di morire. Quando l’aborto è tardivo, i bambini nascono vivi ma si decide di abbandonarli. Non si lega il cordone ombelicale, così che muoiano dissanguati in un tempo decente. Muoiono soli. Non ricevono cure. Se si rianimassero, avrebbero lesioni cerebrali permanenti per l’eccessiva prematurità: se nessuno lo voleva col labbro leporino, allora nessuno lo vorrà col labbro leporino e cerebroleso. Si poteva avere la cortesia di aspettare tre mesi, farlo nascere e darlo in adozione, una mamma e un papà che se ne sarebbero infischiati del suo labbro leporino si sarebbero trovati; si potevano almeno avere gli attributi per tenerlo in braccio mentre moriva. 
Il piccolo ha impiegato 29 ore a morire di disidratazione, dopo aver spinto i suoi polmoni a respirare, tutto da solo, senza nessun aiuto, dopo aver spinto il suo sangue a coagulare nel cordone ombelicale, tutto da solo. Nelle prime ore ha pianto: il suo pianto flebile, molto più flebile di quello di un neonato partorito a termine, un suono disperato, si è alzato; il piccolino non aveva capito di essere un prodotto di scarto e ha emesso il suono del pianto, il suono che serva ad attirare la mamma, o qualcuno che ti dia consolazione.
I bimbi abortiti vivi muoiono di insufficienza respiratoria. Muoiono dissanguati. Se resistono a ipossia e dissanguamento, muoiono per disidratazione come Eluana Englaro. La volontà della madre è stata che non nascesse, ma (come nel caso di Eluana) c’è la spaventosa, mostruosa, sovietica istituzione della morte burocratica e statale. La madre partorisce il feto, che una volta fuori dall’utero non è più feto bensì un bambino, ma non si assume la responsabilità di stargli vicina mentre muore, tenendolo in braccio. Un genitore, se si è assunto la mostruosa responsabilità di stabilire che quella creatura non deve vivere, si assuma la responsabilità di stargli vicino fino all’ultimo battito. Se questo non è in grado di farlo, allora si tenga il bambino fino alla nascita e poi lo affidi a chi lo adotterà. Non lo lasci morire solo in una scatola.
La legge permette l’aborto tardivo anche quando il bambino può sopravvivere fuori dall’utero - quindi dalle 22-24 settimane, circa, fino alla fine della gravidanza -, se ci sono «gravi danni alla salute fisica o psichica della madre». I gravi danno sono un cancro, una cardiopatia... ma la parola “psichica” permette qualsiasi gioco. "Gravi danni” sono anche che una madre dismorfofobica non se la sente di avere un figlio con la palatoschisi perché ha un discorso sull’imperfezione non risolto. La dismorfofobia si cura con il colloquio, non in sala operatoria. 
I professionisti che hanno permesso questo scempio danno l’impressione di essere integralisti atei: si sono posti il problema del danno sulla psiche della madre per un aborto tardivo? Si sono posti il problema del feto, della sua vita distrutta nel dolore, della sua morte per disidratazione? Si modificano le pressioni dei ventricoli cerebrali. La morte per disidratazione non è una morte dolce. È accompagnata da un dolore alla testa paragonabile a quello di una pressa. 
La nostra regola non è di fare tutto quello che vuole un paziente: se un paziente mi chiede di amputargli la mano sinistra perché secondo lui contiene il diavolo, non devo amputargliela. Il nostro compito è non nuocere.
Secondo i medici che fanno questi aborti, cosa prova una donna alla ventesima settimana quando si accorge che l’utero è vuoto? Le depressioni post aborto sono devastanti, e non è detto che si risolvano. Secondo questi medici, cosa proverà la madre, perché è una madre, tutte le volte che incontra un bambino che ha la cicatrice del labbro leporino e che gioca contento ai giardinetti? Perché un sistema folle ha permesso a questa donna di diventare la madre di un bimbo morto? L’aborto lo ha voluto lei, o le è stato suggerito? (A una coppia di amici è stato consigliato l’aborto tre volte, da tre ecografisti diversi, per un piedino torto). Sarebbe bastato poco, sarebbe bastata qualche ora, forse qualche minuto per rassicurare quella mamma, per spiegarle che il suo bimbo sarebbe stato magnifico lo stesso. Questa mamma doveva diventare mamma, doveva trovare sulla sua strada qualcuno che la aiutasse, non la burocratica e sovietica macchina della morte che la 194 ha creato, nascosta sotto l’ampollosa e menzognera parola “autodeterminazione”.
Solo una parte della volontà della donna vuole sopprimere il bimbo (feto, grumo di cellule), un’altra parte lo vuole e resterà ferita. L’aborto è una violenza che ha due protagonisti: uno muore e l’altra resta ferita. Se qualcuno si fosse rifiutato di fare questo scempio, se qualcuno avesse spiegato alla madre che una palatoschisi si può operare, che il bambino sarebbe stato imperfetto come Dumbo, perché noi non dobbiamo perseguire i nostri deliri di perfezione, ma che sarebbe stato particolarmente forte e robusto… Invece è stato buttato nella spazzatura per un labbro leporino. 
Un qualche professionista ha firmato il certificato che la madre aveva la fobia di avere un feto imperfetto in utero. Con questo trucco l’aborto eugenetico viene spacciato per terapeutico, e la macchina di morte si è messa in moto.  
Qualcuno, dopo ore, ha avvertito il prete, il cappellano dell’ospedale. Ci sono i preti, a chi altri andate a dirla una cosa del genere? A un prete. Il sacerdote è intervenuto, è entrato nella sala parto bloccata da ore e ha trovato questo neonato che agonizzava nella sua scatola di metallo, morendo di disidratazione e di freddo, ma non di ipossia, perché stava respirando, con la forza dei suoi polmoni, dopo essersi coagulato il cordone ombelicale. Stava morendo da solo, mentre qualche decina di metri più in là, sua madre si riprendeva dall’anestesia e si rendeva conto di cosa vuole dire avere l’utero vuoto, dopo che già lo aveva sentito muovere. Il feto, il neonato, l’ammasso di cellule abortito vivo stava morendo da solo, mentre il ginecologo che aveva fatto l’intervento se ne era andato a farsi gli affari suoi. E che doveva fare? Restare in sala parto a guardare l’ammasso di cellule che si muoveva e respirava, e pare che abbia anche pianto, all’inizio? Un pianto ridicolo per la ridicola pretesa che la sua mamma accorresse a soccorrere lui, nato con il labbro leporino, essere inferiore.
Il piccino è stato battezzato ed è morto in braccio al sacerdote. Qualcuno lo ha cullato. È rimasto solo qualcuno di quei poveri dementi dei cattolici integralisti (vocabolo che nasce da “integro”) a sostenere che i feti hanno un’anima, mentre quelli che sono intelligenti sanno che non ce l’hanno e che sono solo un ammasso di cellule: ma una roba che fuori da un utero sta respirando da solo, l’anima ce l’ha o no? Mentre si discute se ha l’anima, posso darvi la mia parola che ha abbastanza sistema nervoso centrale da provare dolore, posso dirvi che questa creatura umana che muore da sola e di dolore, il dolore della disidratazione, il dolore dell’insufficienza respiratoria, è una cosa mostruosa.
Il consenso informato? Ma nel consenso informato bisognerebbe dare tutte le informazioni, bisognerebbe scrivere: «Suo figlio morirà nel dolore» e «Lei potrebbe rimpiangerlo, quando il rimpianto arriverà sarà dannatamente tardi». L’ immagine del feto abortito non dovrebbe far parte delle informazioni date alla madre? Giammai! Le femministe insorgono: si vuole colpevolizzare una scelta che deve essere libera e consapevole.
Le femministe occidentali sono sempre in prima linea a difendere il diritto delle donne islamiche a portare il burqa e a essere lapidate, ma la censura delle immagini degli aborti resta una delle loro priorità. Una parte delle informazioni è sotto censura, la verità è sotto censura: il piccolo soffrirà, tu potresti rimpiangerlo.
La “volontà della madre” - una madre spesso confusa, spesso terrorizzata, spesso incapace di fronteggiare i propri deliri perfezionistici - mette in moto una macchina di morte dove tutti sono deresponsabilizzati, si abortiscono gli affetti da palatoschisi, e dopo averli abortiti si lasciano lì a morire da soli, perché nessuno di questi signori della vita e della morte si assume la responsabilità almeno di finire lo scempio con un’intramuscolo di morfina (che muoiano senza sofferenza, in braccio, come si fa con i cani, ma evidentemente non con i bambini).
Pochi giorni prima un altro bambino era stato abortito perché l’ecografia aveva visto un’atresia dell’esofago (anche questa si risolve chirurgicamente). Il piccolo ha pianto e ha resistito due giorni, prima di morire: l’atresia non c’era. Da allora, i casi di aborto tardivo non sono più affiorati alla luce dei giornali. L’aborto tardivo esiste sempre, esistono sempre i bimbi abortiti vivi, ma l’informazione è diventata più “discreta”, le circolari dei direttori sanitari evitano inutili fughe di notizie.
L’aborto è una cultura di morte. Il Sessantotto è stato il più mostruoso etnocidio della storia: un etnocidio dove tutta una civiltà, quella occidentale, è stata caricata delle colpe più deliranti e tremende, dove è stata portata a vergognarsi di se stessa. E la nostra civiltà, quella giudaico-cristiana, è l’unica che abbia difeso il bambino. Una civiltà che incoraggia le donne a uccidere il loro bimbo nel proprio ventre, è una cultura di morte. Cultura di morte che odia i bambini. 
 
Silvana De Mari
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