La Corte d’Appello di Milano, ci informa il Corriere, ha ribaltato una sentenza di primo grado e ha dichiarato trascrivibile l’ adozione (piena) da parte di una lesbica (italiana) della figlia della compagna, con cui si era “sposata” e poi “divorziata” in Spagna.
Quanto all’ “interesse del minore” che è stato tirato in ballo dalla Corte, rimandiamo alle numerose testimonianze delle persone adulte, cresciute con coppie omosessuali, che si battono affinché ai bambini venga risparmiata l’esperienza traumatica che loro hanno vissuto.
Forse dovremmo ricordare che “l’adozione imita la natura” secondo la cultura giuridica plurimillenaria (che – evidentemente – non conta più niente). E la natura vuole che i bambini siano cresciuti da una mamma e un papà, uniti in un rapporto stabile (le due sono addirittura divorziate: è davvero l’interesse del minore essere adottato da due persone divorziate? Fossero un uomo e una donna, quale giudice darebbe in adozione un bambino a due divorziati, nel “superiore interesse del minore”?)
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E forse dovremmo ripassare un po’ di teoria generale delle forme di Stato: chiederci perché si considera che una delle più grandi conquiste dello Stato di diritto, premessa necessaria e imprescindibile per la democrazia, sia la separazione dei poteri.
Chissà perché si insegna che i giudici sono soggetti alla legge e che il potere legislativo appartiene al Parlamento (cioè ai rappresentanti del popolo).
Ma i giudici della Corte d’Appello di Milano – evidentemente – hanno imparato un’altra lezione, alla scuola dell’ideologia.
Francesca Romana Poleggi