In Afghanistan l’ aborto non è considerato un’operazione quasi irrilevante come invece lo è in troppe parti del mondo.
Nel contesto afgano, in cui nella maggior parte dei casi l’aborto viene considerato illegale, si ergono nuove figure “professionali” quali dottoresse disposte a praticare “interruzioni di gravidanza” e a distribuire contraccettivi alle donne, ovviamente in segreto, in modo da non essere scoperte e punite.
Il rischio nel compiere quelle pratiche illegali e immorali è ancora più alto nelle zone in cui la presenza di nuclei di Talebani è più forte, in quanto sia indurre l’ aborto che promuovere il controllo delle nascite tramite l’utilizzo di contraccettivi sono azioni contrarie alla religione islamica.
Amnesty International invece vede in queste donne dei paladini della libertà ed ha deciso di tutelare, tramite un’azione di raccolta fondi e una petizione, queste “professioniste”. Che la professione medica si possa concretizzare in atti che impediscono o distruggono la vita è qualcosa che Amnesty International ci deve spiegare: con buona pace di Ippocrate e del giuramento a lui attribuito.
Redazione