Il direttore de L’Avvenire, Marco Tarquinio, risponde ad una lettera aperta che Gianfranco Amato ha voluto inviare al quotidiano dei vescovi per spiegare quanto accaduto in merito alll’atto di intimidazione subìto a Viareggio.
Tarquinio trova le ragioni profonde di quanto accaduto nell’ormai palese volontà di taluni di ammutolire la stragrande maggioranza degli italiani con atti di violenza intimidatoria.
In ogni caso le voci scomode devono essere messe a tacere ma la violenza diretta non viene individuata dal direttore come il principale mezzo per porre in essere tale obiettivo.
“L’arma principale è quella di “rubare” le parole chiave – amore, dono, gioia… – a chi, come lei e come noi, continua ad affermare che siamo donne o uomini, esseri umani infinitamente diversi e originali e capaci di crescere e cambiare, ma non infinitamente cangianti nella nostra identità di base (secondo, appunto, lo schema del “gender”). Proprio così: vogliono rubarci le parole, e vogliono rendere “brutte” quelle che pensano di non poterci togliere. Credono di riuscirci facendoci adirare, spingendoci alla rissa e all’invettiva, costruendo caricature “crudeli” dei nostri argomenti.”
Ma tutto non è perduto in quanto i fatti sono tenaci e la realtà è resistente.
“Noi siamo tenuti a coltivare un ottimismo realista. Andiamo avanti con serenità, senza timori, con pacifica tenacia. Svegliamo chi dorme, teniamo desto chi è già sveglio. Non rassegniamoci all’incomprensione, allo scontro, alla deriva.”
Scarica la risposta completa del direttore Tarquinio.
Redazione