Nei due anni della pandemia, il bene ha sempre fatto poco notizia. Eppure, tra tanti alberi che cadono, c’è una foresta che cresce. Uno dei tanti fiori sbocciati in quest’epoca difficile è il Percorso clinico assistenziale (PCA) per maternità con patologie fetali ad alto rischio e terminali del Policlinico “Agostino Gemelli” di Roma.
Un progetto che «intende offrire un ampio spettro di attività evidence based che non lasci le donne e le famiglie da sole in tutti gli aspetti legati alla patologia fetale ad alto rischio e/o terminale, ivi comprendendo l’assistenza spirituale, psicologica e lo stesso supporto logistico concreto (anche per viaggi e alloggio legati alla particolare condizione clinica) per l’accesso al Policlinico Gemelli, grazie al contributo della Fondazione “Il Cuore in una goccia Ets”», si legge nel comunicato del Policlinico Gemelli.
Il PCA è stato presentato lo scorso 25 marzo, nel corso di un webinar in collegamento dal Gemelli. Tra i presenti: il presidente della Fondazione Gemelli Carlo Fratta Pasini; Gabriella Gambino, sottosegretario del dicastero pontificio Laici, famiglia e vita; Giuseppe Noia, responsabile Hospice perinatale Centro per le cure palliative prenatali e postnatali – S. Madre Teresa di Calcutta del Gemelli; Antonio Lanzone, Responsabile UOC Ostetricia e Patologia Ostetrica - Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS; Giovanni Vento, Responsabile UOC Neonatologia-Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS don Massimo Angelelli, direttore Ufficio nazionale Cei per la pastorale della salute; padre Marco Vianelli, direttore Ufficio nazionale Cei per la pastorale della famiglia; monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Fondamentale è stata la collaborazione del Dicastero Laici, Famiglia e Vita che, nel 2019, assieme a Il Cuore in una Goccia onlus, presieduta dal professor Noia, lanciò il convegno Yes to Life!, trampolino di lancio per la diffusione del modello dell’hospice e delle cure palliative perinatali come approccio integrale di cura per quelle famiglie che si apprestano ad accogliere al mondo un figlio affetto da gravi patologie. «Ciò che ci aveva mosso», ha spiegato la professoressa Gambino, «era l’urgenza di suggerire un percorso assistenziale funzionale che fin dalla gravidanza accompagnasse le famiglie, evitando di far passare le coppie attraverso la dura esperienza della cultura dello scarto che troppo spesso nel mondo viene proposta come efficace pratica di prevenzione della sofferenza e delle possibili disabilità di questi bambini. Una pratica anche poco scientifica, disinteressata a mettere a disposizione delle famiglie le più recenti e straordinarie conoscenze scientifiche applicate alle terapie fetali».
Da parte sua, il professor Antonio Giulio de Belvis, Responsabile UOC Percorsi e Valutazione Outcome Clinici del Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs, ha illustrato i tre «criteri cardine» per l’accesso al percorso: «l’espressa richiesta di presa in carico da parte delle donne; la necessità di favorire i processi decisionali, i tempi e le modalità di presa in carico assistenziale in essere, sempre in linea con i principi etici alla base della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs e della Chiesa Cattolica; la volontà di evitare qualsiasi forma di accanimento terapeutico così come di abbandono terapeutico».
Il professor Noia ha salutato il traguardo raggiunto come «un risultato di grande valore per il nostro Policlinico perché istituzionalizza un impegno che da oltre quarant’anni ci caratterizza; un’opera di servizio alla vita nascente e soprattutto di accoglienza delle fragilità prenatali». L’impegno per le cure palliative perinatali e per i relativi percorsi, si è trasformato negli anni «in un’esperienza clinica eccezionale che ci configura oggi tra i centri di riferimento in Italia per la cura e l’accompagnamento delle gravidanze con patologie prenatali», ha aggiunto Noia. «Quello che abbiamo costruito è un percorso clinico unico che è riuscito a unire aspetti clinici, etici, familiari, spirituali e solidali, in una continuità assistenziale che enfatizza il lavoro delle singole unità operative coinvolte ma, soprattutto, le sinergie prodotte dall’unione di competenze altamente specialistiche», ha sottolineato il ginecologo.
«È la sinergia tra scienza, famiglia e fede che trasforma una sentenza in una speranza, una ferita in una feritoia, attraverso cui si aprono luci e tracciati di dignità della vita prenatale nelle sue fragilità. Una risposta, quindi concreta alla diagnosi prenatale patologica attraverso un percorso organico che prende in carico la mamma, il nascituro e l’intero nucleo familiare per aiutarli a gestire al meglio l’evento patologico», ha detto infine Noia.
Nel rivolgere i saluti conclusivi, monsignor Giuliodori ha descritto l’attività dell’hospice perinatale del Gemelli come «un significativo passo avanti con la definizione del percorso clinico-assistenziale», che il Policlinico porta avanti «con grande efficacia e qualità». «Viene codificata un’impostazione che declina in modo organico la più alta e avanzata competenza clinica con la vicinanza e l’accompagnamento umano e spirituale delle persone, donne e coppie, che devono affrontare maternità con patologie fetali ad alto rischio e, a volte, anche terminali», ha proseguito il vescovo.
«L’approccio elaborato e concretamente realizzato nel Policlinico Gemelli in collaborazione con la Fondazione “Il Cuore in una Goccia», rappresenta a livello nazionale e internazionale una delle prime e più concrete attuazioni di quanto indicato nella Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede Samaritanus bonus dove si affronta, per la prima volta e in modo ampio in un documento del Magistero, il tema dell’accompagnamento e della cura in età prenatale e pediatrica», ha concluso monsignor Giuliodori.