11/04/2014

Allarme omofobia? Una bufala

Il disegno di legge Scalfarotto è tornato mercoledì all’ordine del giorno in Senato, accompagnato dallo strategico silenzio stampa che diviene giustificazionismo quando la notizia invece cerca di permeare all’esterno.

Giustificazionismo di maniera: l’omofobia è un’emergenza sociale... una vera piaga tutta italiana... l’omosessuale è una categoria a rischio... bla bla... Vengono riportati casi singoli, tragedie individuali, strumentalizzati oltremodo come, per esempio, il giovane noto alla stampa come il “ragazzo dai pantaloni rosa”, suicidatosi sì ma non per omofobia, come ha acclarato una recente sentenza. Ma questo non importa, alle associazioni GLBT serve solo uno spazio di cronaca nera su cui lucrare.

Per fermare questa controinformazione, nata in ambienti omosessualisti e partitici ma che trovano zelanti megafoni in molti organi di stampa, è necessario poter disporre di dati concreti, statistiche ed elementi oggettivi. E’ necessario avere strumenti per contrastare le bugie diffuse.

In 10 anni non si arriva nemmeno a cinque (c-i-n-q-u-e) casi accertati di omofobia da parte delle forze dell’ordine ed i resoconti ufficiali smentiscono totalmente l’aurea di allarmismo creata dalle associazioni interessate.

Siamo di fronte al più classico schema a cavallo di Troia: l’etichetta riporta la dicitura “lotta alla discriminazione” ma, ben stipati all’interno, si trova il vero quid, il matrimonio gay e tutto ciò che ne consegue, anche a livello di genitorialità.

Per far questo si devono abbattere le barriere, indottrinando i bambini ed imbavagliando gli adulti: cultura gender nelle scuole e reato d’opinione null’altro sono che due ancille di tale strategia. E quando i fautori di questo nefasto disegno possono disporre di un Ministero dell’Istruzione compiacente, che imbottisce i programmi con lezioni curricolari in cui si distrugge l’immagine della famiglia naturale, e di una parte della magistratura che si trova nel proprio codice penale una norma che prevede, come nel caso della Scalfarotto, una pena sino a 6 anni di carcere per chi “istiga alla discriminazione”, senza specificare cosa si intenda per discriminare, lasciando alla dottrina l’arduo compito di farlo... magari avvalendosi di documenti ministeriali, come quelli dell’UNAR, in cui si descrive l’omofobo come una persona politicamente conservatrice e tendenzialmente molto religiosa. Tutti coloro che si opporranno al matrimonio gay, con adozione ed annessi e connessi, potranno essere tacciati di omofobia e, quindi, rientrare nella fattispecie delittuosa.

Chi lo nega, mente. Mente perchè nulla nel testo del disegno di legge o nei lavori preparatori (base prediletta per le interpretazioni autentiche delle norme) lascia pensare al contrario. E quando si parla di diritto penale, le categorie dovrebbero essere circoscritte con dovizia di particolari.

Del resto, lo stesso promotore dell’iniziativa, l’On. Scalfarotto, si è così espresso: “Perché sono due cose diverse. E l’una (reato d’omofobia, n.d.r.) viene logicamente prima dell’altra (matrimonio GLBT, n.d.r.)“. E cosa più delle cosiddette “intenzioni del legislatore” corrispondono a chiave di lettura di una norma?

Per questo motivo ci permettiamo di invitare tutti ad informarsi, sia su cosa il ddl Scalfarotto prevede che sull’effettiva portata dell’omofobia.

Redazione

 

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