Lo scorso settembre Derek Miedema, ricercatore presso l’Institute for Marriage and Family of Canada, ha pubblicato sul sito imfcanada.org, un articolo dal titolo “assisted suicide for all?” , riportato e spiegato anche sul sito nationalrighttolifenews (http://www.nationalrighttolifenews.org/news/2013/10/legalizing-euthanasia-always-leads-to-a-path-of-expansion/#.Uo0hQdJWySo).
Prendendo spunto da un progetto di legge presentato presso lo stato del Quebec e in corso di approvazione, Miedema lancia un vigoroso allarme per il timore di una rapida diffusione dell’eutanasia senza criteri e soprattutto accessibile a chiunque e in circostanze sempre più frequenti e ampie.
Con l’introduzione di questa legge, dice Véronique Hivon, Ministro del Quebec per i Servizi Sociali e della protezione dei giovani, si potrà avere una risposta solo per alcuni casi eccezionali. In realtà la proposta legislativa cela un doppio rischio: da un lato non è limitata a casi di sofferenza eccezionale; dall’altro, come già visto in altri Stati (Olanda dove l’eutanasia è legale dal 2002; in Oregon e a Washington ove il suicidio assistito è legalizzato, rispettivamente, nel 1997 e nel 2009), una volta riconosciuta legalmente, l’eutanasia includerà sempre più categorie di destinatari. Ma per indorare la pillola il ministro Hivon, come tutti i “furbetti” che vogliono proporre l’eutanasia come un progresso di civiltà, parla di aiuto medico a morire, presentando la “dolce morte” non come un suicidio-omicidio ma come un trattamento medico.
Quali sono stati però i risultati negli stati che hanno legalizzato l’eutanasia come trattamento medico diffuso?
In Oregon, il numero di morti per suicidio assistito è cresciuto del 381% tra il 1998 e il 2012; le prescrizioni del “cocktail velenoso” per uccidere i pazienti sono cresciute del 379%: ma non tutti erano in punto di morte. Un esempio è la storia di Jeannette Hall: nel 2000 le fu diagnosticato un cancro, con sei mesi di vita. Pur rientrando nelle ipotesi di richiesta dell’eutanasia, la signora ha deciso di farsi curare guarendo definitivamente.
Ma dove si apre una breccia, tante volte poi, dilaga una voragine: così in Oregon si vuole ampliare la possibilità di scegliere l’eutanasia anche solo per “vecchiaia”.
A Washington, il numero di morti per suicidio assistito è cresciuto del 130% tra il 2009 e il 2012: eppure anche qui si ritiene la legge troppo restrittiva: l’avvocato Brian Faller ha suggerito che l’eutanasia deve essere estesa alle persone che giudicano la propria sofferenza insopportabile, anche se non sono malati terminali.
Nei Paesi Bassi, il numero di morti per eutanasia è aumentato del 74% in 20 anni, ma ancora più sorprendente è il modo in cui l’accesso all’eutanasia è stato ampliato: si uccidono i neonati gravemente malati, con il consenso dei genitori; i malati di Alzheimer che non sono più in grado di chiederla autonomamente e coscientemente; unità di eutanasia sono state avviate nel 2012, dove i medici fanno visita a casa per uccidere i pazienti i cui medici personali si sono rifiutati di farlo; ed ora si uccidono anche le persone affette da cecità oppure le persone trans gender che non hanno accettato l’operazione per il cambiamento di sesso. Il Parlamento belga sta pensando di rendere legale per un bambino la scelta dell’eutanasia se i genitori sono d’accordo e se uno psicologo ha verificato che il bambino sapeva che cosa stavano facendo.
La morte per eutanasia e i progetti di legge scriteriati per consentire l’omocidio-suicidio assistito stanno dilagando: obiettivo creare stati che costitutiscono dei paradisi per chi, in qualsiasi sofferenza fisica e psicologica possa essere autorizzato a morire. Una vera e propria “Eutanasyland”.
di Giampaolo Scquizzato