Il liceo Brotzu, a Quartu Sant’Elena, in provincia di Cagliari, si aggiunge alla lista degli istituti (poco più di dieci dieci in tutto, ad oggi, in Italia) che hanno deciso di adottare la Carriera Alias.
Ormai lo sappiamo, si tratta della tristemente famosa procedura che consente a una persona iscritta al liceo e che sta affrontando un percorso di transizione di utilizzare all’interno dell’istituto il proprio nome di “elezione” e persino i pronomi che considera più adatti al genere in cui si identifica.
In questo caso pare che l’occasione sia stata la richiesta esplicita di una studentessa, accolta dal rappresentante di istituto. Ma in realtà la preside, la dottoressa Greca Piras, avrebbe cominciato ad attivarsi già da prima “per rispondere a un bisogno” come ha affermato. “Se nella comunità scolastica – ha dichiarato - qualcuno non sta bene è nostro dovere migliorare la situazione”. Per questo la dirigente avrebbe “accolto le richieste dei ragazzi”, ma – ha sottolineato - “ci stavamo già muovendo come consiglio d’istituto. Abbiamo iniziato le procedure di attivazione e il consiglio ha approvato la proposta all’unanimità”.
Tutto il corpo docente si sarebbe mostrato entusiasta della proposta e addirittura alcuni professori già usavano da tempo un “linguaggio inclusivo”. Ma non finisce qui, perché nei progetti della preside c’è di più: “Abbiamo in progetto l’idea di trasformare un bagno in disuso in un bagno gender-free, per chi avesse bisogno di uno spazio ulteriormente sicuro”.
Insomma, tanta attenzione verso chi sta affrontando percorsi di transizione, ma nessun interrogativo ci si pone nei confronti dei ragazzi che si troveranno costretti ad adattarsi al volere del proprio compagno o della propria compagna, nel farsi chiamare con un nome diverso rispetto al proprio sesso biologico. Cosa potrà accadere, nella testa di un ragazzino o di una ragazzina che si vedrà costretto a negare la realtà per quella che è? Inoltre, viene da chiedersi – legittimamente – se i genitori tutti siano stati informati della cosa, soprattutto della prospettiva futura di bagni “neutrali”, che – lo sappiamo bene – non sono certamente immuni da rischi di essere “abusati” con la scusa di sentirsi uomo o donna. Sono queste le priorità della scuola italiana? Sono queste le priorità per il bene e l’educazione dei nostri figli?