20/01/2021

Anche l'Enpam si tinge di arcobaleno

Un nostro Lettore condivide con noi  la missiva che ha scritto al presidente dell'ente previdenziale degli operatori sanitari, l'Enpam, circa il concetto di genitorialità che ha acquisito e che ha ben poco di reale e di scientifico. 
 
Leggo sul numero 4/2020 della rivista La Previdenza – organo ufficiale dell’Enpam -  la presa di posizione del suo Presidente, Alberto Oliveti, circa il concetto di “genitore”, da cui egli trae le conseguenze in ordine alla attribuzione del sussidio Enpam per i bambini con “genitori” omosessuali.
Infatti, il sig. Oliveti afferma candidamente che essere uomo o donna dovrebbe essere come il colore degli occhi: irrilevante. In considerazione di ciò, il Presidente comunica che la fondazione Enpam sta lavorando per estendere il bonus-bebè di 1500 € (destinato alle famiglie in cui uno dei genitori sia un medico) anche alle coppie omosessuali che, non potendo (ovviamente) avere figli propri, decidono di adottare un bambino (o, aggiungiamo noi, comprarlo all’estero).
Non so se il Presidente Oliveti sia un medico ma, affermando che la differenza tra uomo e donna è irrilevante, temo gli sfuggano alcuni particolari in ordine alla nascita dei figli. O forse, nello sforzo di evitare ogni forma di discriminazione tra uomo e donna, confonde la parità (cioè l’uguale dignità di tutte le persone, uomini e donne) con l’identità sessuale.
L’idea che sta alla base di affermazioni del tipo di quella del sig. Oliveti nasce da una filosofia che si può far risalire al pensiero di J.J.Rousseau: la nostra personalità viene in qualche modo plasmata dall’educazione e dalle convenzioni sociali del tempo in cui viviamo. Ma se ciò è vero per tanti aspetti del nostro comportamento relazionale, non lo è quando il modo di essere di una persona è strettamente connesso alla sua conformazione biologica. In sostanza, la concezione di Rousseau non può essere spinta al punto di negare la struttura biofisica e psichica della sessualità.
Sostenere che la paternità e la maternità siano ruoli costruiti come sovrastrutture, significa non aver capito come nasce una vita umana, in entrambi i suoi aspetti, fisico e psicologico.
L’origine della parola “genitore” la si trae dal latino genitor (femminile genetrix), ed ha la stessa radice della parola genitalis, che significa “riguardante la nascita”. Quindi sono solo i due genitori, maschio e femmina, che possono “generare” una nuova vita.
 
Ma la necessaria differenza tra un uomo e una donna non è ovviamente solo quella fisica, oggettiva. Le caratteristiche psichiche e caratteriali di un uomo e di una donna hanno una precisa e fondamentale funzione che la natura ha attribuito a ciascuno dei due proprio in rapporto con la prole. Da quando è comparso l’homo sapiens, la genitorialità si è sempre fondata sulla differenza tra due persone atta a generare figli, ad accudirli, farli crescere ed inserirli nella vita.
La sessualità in tutte le specie viventi (ma in specie in quella discendente dall’homo sapiens) ha una sua precisa funzione biologica e proprio per questo una asserita “liquidità” della sessualità non può che appartenere a uno stato contingente, occasionale e saltuario. In altri termini, la differenziazione sessuale esistente da sempre in natura, anziché essere irrilevante (come superficialmente afferma il sig. Oliveti) è determinante nell’esistenza dell’umanità.
Occorre oggi riconquistare una visione della famiglia in cui cogliere il valore che la differenza di sesso ha per lo sviluppo psicologico e la crescita spirituale di un bambino. 
La conseguenza che io traggo da queste elementari osservazioni è che la famiglia (quella vera) deve essere composta da un padre e da una madre (non dal genitore 1 e dal genitore 2) e che l’indifferenza di genere è un concetto che non solo va contro cultura, ma va innanzitutto contro natura.
Richiamandomi agli scritti di Paolo Ferliga, psicoterapeuta autore di diversi libri sul tema dell’identità maschile e femminile e dei ruoli genitoriali, ritengo che la madre abbia un ruolo fondamentale nella vita del figlio  (sia maschio o femmina) e questo soprattutto nei primi 20/30 mesi di vita, quando prosegue la simbiosi naturale con lui, iniziata durante la gravidanza. Per ogni figlio è di fondamentale importanza che ci sia sua madre accogliente e affettuosa e anche fisicamente presente.
Nel tempo, però, è importante che la simbiosi finisca, e affinchè ciò accada, affinchè crescendo il figlio sappia separarsi in modo sano dalla madre, è indispensabile la presenza del padre.
In una coppia in cui entrambi i genitori si prendono cura dei propri figli, questo processo avviene naturalmente.
Il progetto dell’Enpam di attribuire un bonus in denaro a due “genitori” (che genitori non sono) si colloca nell’alveo di una cultura che banalizza l’importanza della famiglia naturale, a favore di una unione tra due persone, nella quale i figli sono visti come un oggetto da possedere per soddisfare una visione artefatta (e falsa) di famiglia; una cultura il cui obiettivo precipuo sembra essere quello di far sì che il male diventi normale,  quello di disgregare la struttura della famiglia, al fine di realizzare una società composta di monadi, ovvero (come definisce il Dizionario Garzanti) di "elementi minimi della realtà, intesi come privi di estensione e di natura spirituale".
In una società composta da siffatto tipo di unioni, la presenza di “figli”, non potendo scaturire da un atto sessuale, viene rivendicata dalle persone come un diritto, a prescindere dalla incapacità di procreare.
Chi scrive coltiva la convinzione che un figlio non è mai un diritto, ma solo un dono che la natura rende ad un atto di amore tra i suoi genitori.
Il progetto di cui Oliveti parla, invece, avrà l’effetto di “premiare” due persone conviventi (in una unione che le statistiche indicano spesso precaria) che si sono procurate un bambino all’estero, mediante la pratica dell’utero in affitto, acquistato su catalogo, bambino che verrà poi fatto passare come adottato.
 
Domenico Romano
 
 
 
 
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