15/10/2013

Australia, un medico cattolico si oppone a un aborto selettivo: indagato

Una coppia indiana voleva abortire a 19 settimane perché sarebbe nata una bambina. Il medico si è rifiutato di indicare loro un collega non obiettore violando così la legge

Una gravidanza regolare, giunta alla 19esima settimana, con un solo “difetto”: quella che sarebbe venuta alla luce sarebbe stata una bambina. Intollerabile per una coppia indiana che vive a Malbourne e che invece voleva a tutti i costi un maschietto. A tutti i costi, appunto. Aborto selettivo compreso. Ma Mark Hobart, il medico al quale i due si rivolgono, dice di no. E si rifiuta anche di indirizzare la coppia ad un non dottore non obiettore, come prevede la legge australiana. «Non ne conosco  – ha detto ai due – non conosco nessun collega che farebbe abortire qualcuno solo per una questione di genere. Non è giusto».  Affermazioni che non sono piaciute all’ordine dei Medici australiani e all’Australian Health Practtioner Regulation Agency che hanno aperto un’indagine nei suoi confronti. Hobart, 55enne con una carriera di 27 anni alle spalle, adesso rischia di essere sospeso e di perdere il lavoro.

La legge sull’aborto australiana, riformata nel 2008, non consente alle infermiere di rifiutare l’assistenza a chi sceglie l’interruzione di gravidanza e obbliga i medici obiettori a indicare alle coppie interessate all’aborto i colleghi non obiettori. La medesima legge permette le interruzioni di gravidanza fino alla 24esima settimana e, formalmente, non vieta neppure l’aborto selettivo.

Quando Hobart ha saputo che la coppia indiana era riuscita lo stesso a portare a termine l’aborto selettivo ha denunciato il fatto al Medical Board e ha rilasciato un’intervista. «Non c’era nessuna ragione medica  – ha dichiarato Hobart ai media australiani – per eseguire quell’aborto. A volte mi chiedo se sto facendo la cosa giusta – ha proseguito– ma poi mi rispondo che è semplicemente ingiusto obbedire a questa legge. Sono cattolico, ma anche  la ragione e la logica mi conducono a questa conclusione».

di Mauro Pianta

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