Studio dell’Università di Adelaide sui problemi di salute dei bambini nati tramite fecondazione extracorporea e sui trattamenti ormonali cui vengono sottoposte le madri
I bambini nati in provetta hanno un rischio molto maggiore di soffrire di gravi complicanze e di morire, prima o qualche settimana dopo il parto, rispetto a quelli concepiti naturalmente. Lo dice lo studio più completo sulla fecondazione in vitro che riguarda 300 mila casi australiani, esclusi i parti gemellari di per sé più complicati, dal 1986 al 2002. A pubblicarlo sono stati i ricercatori dell’università di Adelaide, in Australia, guidati dal professor Michael Davies.
LE CAUSE. Oltre alle morti, fra le complicanze si contano le nascite premature con i conseguenti problemi. I ricercatori parlano poi dei problemi creati dai medicinali utilizzati per stimolare l’ovulazione e degli ormoni assunti durante i trattamenti. Davies ha poi sottolineato che, spesso, criticità o malattie sviluppate dal bambino sono dovute al fatto che il concepimento avvenga fuori dall’utero materno, ribadendo che le medicine necessarie al trattamento clinico hanno effetti nocivi sul grembo e sulla placenta della donna.
I NUMERI. Secondo la ricerca, nelle gravidanze ottenute con trattamenti di riproduzione assistita, fra cui la fecondazione in vitro (Fiv), vi è una probabilità quasi doppia di parto di feto morto, più che doppia di parto prematuro e quasi tripla che il neonato sia in sottopeso, oltre ad un rischio doppio che muoia entro 28 giorni dalla nascita. «I loro neonati – ha detto Davies – pesano in media 250 grammi di meno e hanno un rischio sette volte maggiore di un raro ma catastrofico evento di parto di feto morto o di morte neonatale». Il ricorso a embrioni congelati è associato ad un rischio accresciuto di macrosomia nei parti assistiti da Fiv o da Icsi. Pesi alla nascita molto bassi e nascite premature sono molto più comuni nelle gravidanze da Fiv e, in misura minore, in quelle da Icsi.
MERCATO MILIONARIO. Lo studio è stato ripreso da tutti i maggiori quotidiani della Gran Bretagna, dove il numero di donne che si sono sottoposte alla fecondazione assistita è di circa 50 mila all’anno, con una media di 17 mila parti (contando anche quelli di bambini che muoiono nelle settimane successive alla nascita), per un’industria che vale 500 milioni di sterline: «Dubito che questa scoperta fermerà molte coppie con problemi di infertilità che vogliono sottoporsi alla fecondazione in vitro», ha sottolineato Dagan Wells, esperto di trattamenti di fertilità della Oxford University.
Secondo Davies è necessario fornire un’informazione sempre più chiara rispetto a queste metodiche: «Ora è urgente cominciare ad analizzare anche le conseguenze di lungo periodo, che riguardano i bambini nati tramite fecondazione e ormai cresciuti». In questo caso bisognerà tenere conto, oltre che dei danni fisici, anche delle possibili conseguenze psicologiche.