17/03/2016

Bambino soggetto di diritti, non oggetto di desiderio. Sempre?

Il bambino non è un oggetto di desiderio, ma un soggetto di diritti, lo scrive anche Claudio Magris sul Corriere della Sera.

E’ triste il fatto di doversi compiacere nel sentir ribadire un dato che dovrebbe essere ovvio.

Comunque, Magris riconosce che non è possibile considerare ogni desiderio un diritto. Anche lui cita a conforto intellettuali di sinistra di chiarissima fama (quelli cattolici o non di sinistra, ovviamente non vanno presi in considerazione).

Per esempio, Giuseppe Vacca, presidente dell’Istituto Gramsci, di cui noi abbiamo parlato qui, e Mario Tronti, senatore del Pd e – dice Magris – cosa ben più importante, leader e forte testa pensante dell’operaismo italiano degli anni Settanta, pur riconoscendo tutti i diritti alle coppie omosessuali esprimono forte contrarietà all’utero in affitto e alle adozioni gay.

Invece, prosegue Magris, “l’odierna e dominante «società liquida» — come l’ha chiamata Zygmunt Bauman — miscela invece ogni problema e ogni presa di posizione in una melassa sdolcinata e tirannica, in un conformismo che ammette tutto e il contrario di tutto tranne ciò che contesta il suo nichilismo giulivo e totalitario“.

Elogia pure Pasolini, come “uno dei primissimi a capire la trasformazione delle autentiche e umane visioni del mondo in un indistinto titillamento pulsionale”.

La opposizione di Pasolini all’aborto è nota ai nostri lettori e Magris spiega che era a suo modo contrario anche al divorzio, che considerava solo un rimedio da usare in casi del tutto eccezionali. “Quella maggioranza che [al referendum sul divorzio, ndr] aveva votato come lui gli riusciva odiosa, espressione di un relativismo nichilista che riduce tutto, anche sentimenti e valori, a merce di scambio e tende sempre più a dissolvere ogni unità forte di vita e di pensiero. È il trionfo del consumo, denunciato da Pasolini; del consumo che esorbita dal suo ambito per inglobare ogni aspetto della realtà e dell’esistenza”.

Altra considerazione dello scrittore triestino è il rilievo che questa cultura liquida che ci pervade porta alla “frammentazione e atomizzazione in ogni campo. Non a caso nascono molte nuove e spesso effimere formazioni politiche sorte dall’impulso a scindersi, alla prima divergenza, da una precedente aggregazione con la cui linea prevalente non si concorda... Si assiste invece a una continua accelerazione dei processi dissolutivi” in ogni campo, da i succitati gruppi politici, al divorzio breve o lampo, alle conversioni o alle apostasie che avvengono a velocità sempre più alta.

E infine, dopo un elogio dell’amore omosessuale, necessario per restare nell’ambito del politicamente corretto, ribadisce comunque che “il protagonista non è il desiderio della coppia né omo né eterosessuale, bensì il bambino, che comunque nasce da un uomo e da una donna e la cui maturazione è verosimilmente arricchita dalla crescita non necessariamente con i genitori naturali, ma con un uomo e una donna, espressione per eccellenza di quella diversità (culturale, nazionale, sessuale, etnica, religiosa e così via) che è di per sé più creativa e formativa di ogni identità a senso unico”.

E, allora, bene così: qualcun altro riconosce che d’estate le foglie dono verdi.

Ma se il bambino, è soggetto di diritti, non un oggetto (di desiderio), bisognerebbe chiedere a tutti questi intellettuali di sinistra (che sono quelli che contano, no?) un ultimo atto di coerenza: un soggetto di diritto come tale non può essere sacrificato per le esigenze economiche e sociali di un altro soggetto.

Si può giustificare la soppressione di un soggetto solo quando chi agisce lo fa per legittima difesa o perché “costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo” (art. 54 c.p.).

A questi intellettuali di indiscussa levatura, allora, chiediamo che si schierino per l’abrogazione della legge 194/78, che ha legalizzato l’aborto in Italia.

A meno che non siamo ripiombati in quelle civiltà precristiane in cui i figli erano di proprietà del pater familias con ius vitae necisque.

Redazione

 

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