«Sono profondamente dispiaciuto che la vita dei bambini argentini sarà soggetta ad essere estinta nel grembo delle loro madri con il consenso dello Stato». Sono le parole di rammarico che il presidente del Brasile Jair Bolsonaro ha espresso su Twitter in merito alla legalizzazione dell’aborto in Argentina.
«Finché dipenderà da me e dal mio governo», ha continuato nel suo messaggio Bolsonaro, «l’aborto non sarà mai approvato sul nostro territorio. Combatteremo sempre per proteggere la vita degli innocenti!».
Il disegno di legge, già approvato alla Camera, lo scorso 29 dicembre, è passato al Senato con 38 voti a favore, 29 contrari e un astenuto. L’Argentina è ora il quarto Paese dell’America latina a legalizzare l’aborto, dopo Cuba, Guyana, Guyana francese, Uruguay, Porto Rico, oltre a Città del Messico e Stato di Oaxaca – il Messico lascia la decisione sulla questione a livello regionale.
Su tutto questo non poteva che esserci l’ombra nera di una delle più importanti catene di cliniche abortiste del mondo “Planned Parenthood” che, qualche ora dopo l’approvazione della legge si è affrettata a diffondere un post, a nome dell’International Planned Parenthood Federation / Western Hemisphere Region (IPPFWHR), uno dei suoi rami internazionali, in cui si è gloriata di aver finanziato una grande operazione ideologica in Argentina per promuovere la legalizzazione di tale legge. «IPPFWHR supporta direttamente sette partner in Argentina, che a loro volta concedono fondi ad altre 20 organizzazioni di base di tutto il paese. (…) Questo è un momento che i nostri attivisti – e generazioni di attivisti prima – potevano solo sognare. Oggi è una realtà».
Invece, accanto al presidente Bolsonaro, si è schierato anche il Ministro degli Esteri Ernesto Araújo che ha condannato la decisione presa dal Senato. Seppure senza fare un riferimento esplicito alla vicenda, nominando l’Argentina, Araújo ha affermato che “il Brasile resterà in prima linea nel diritto alla vita e nella difesa degli indifesi, non importa quanti Paesi legalizzeranno la barbarie dell’aborto indiscriminato, mascherato da ‘salute riproduttiva’ o ‘diritti sociali'”.