Milioni di follower attribuiscono forse autorevolezza, anche se pure su questo ci sarebbe da discutere. Di certo, però, non assicurano competenza. Se n’è avuta la plastica dimostrazione nello show che, su Instagram, Fedez – il marito di Chiara Ferragni, il quale sente ormai il ddl Zan una questione di vita o di morte – ha fatto insieme allo stesso Alessandro Zan. Parliamo di show perché le imprecisioni e i colpi a salve sparati dall’influencer, per giunta a ripetizione, sono stati molti.
A metterli in fila, in uno spassoso articolo apparso sul Riformista, ci ha pensato il giornalista Aldo Torchiaro. Eccone alcuni gustosi passaggi, che riferiscono anzitutto la reazione del deputato del Pd, quando Fedez inizia a sparare a zero contro Matteo Renzi, il leader di Italia Viva reo di aver proposto degli emendamenti alla legge contro l’omobistransfobia che il 13 luglio finirà in Senato: «Zan, che è presente, alza il sopracciglio. Non obietta a muso duro ma si vede l’imbarazzo. Fedez non sa che Zan è stato eletto in quota renziana, nel Pd a guida Renzi».
Questo è l’inizio. Il bello viene però quando Fedez prova a far passare l’ex sindaco di Firenze come un omofobo: «“Renzi ce l’ha con i gay”, continua Fedez. E allora Zan lo ferma, ed obietta: “Veramente è quello che ha realizzato la legge sulle Unioni Civili”. Allora Fedez guarda al foglio che deve aver appeso accanto al telefono con cui va in diretta». Perfino il radicale Marco Cappato, anch’egli intervenuto nella diretta, è costretto a correggere il rapper, quando costui inizia ad inveire contro il voto segreto, dipinto come un vile escamotage per affossare il ddl Zan.
«Cappato», annota Torchiaro, «è gentile ma fermo: “No, si fa sempre così. È la prassi del Senato”. E gli tocca precisare: “Renzi non ha detto una cosa sbagliata, ha fatto notare un rischio reale, perché da Pd e M5S è lecito aspettarsi diversi franchi tiratori, che in aula voteranno secondo coscienza e dunque contro il Ddl Zan”. Fedez non demorde: “Bisognerebbe avere il coraggio di votare apertamente, di metterci la faccia”». Di note divertenti ce ne sono altre – il parlamentare Ivan Scalfarotto, per dire, viene definito dall’influencer come «giornalista» -, vanno tutte nella stessa direzione: quella di una impreparazione abissale, da mettersi le mani nei capelli.
Per carità, nessuno si aspettava da Fedez una preparazione giuridica e politica esemplare, ma simili scivoloni, ecco, sono clamorosi. Tanto più che vengono da qualcuno che proprio sul ddl Zan sono mesi che si spende, con un vigore degno di miglior causa. Che dire, questa figuraccia è il giusto premio per certa sinistra che da un lato, da qualche tempo, è sempre pronta ad arruolare supporter - purché facciano audience o abbiano un buon seguito sui social – e, dall’altro, trascura di approfondire i temi di cui tratta. Se si pensa che è proprio il progressismo, in politica e non solo, a rivendicare il primato della cultura e della conoscenza, tutto ciò assume contorni ancora più grotteschi.
Di ben altro tenore, invece, l’opposizione che i pro family hanno promosso al ddl Zan, affiancandosi a voci di ex Presidenti della Consulta, di celebri penalisti, di femministe, perfino di attiviste lesbische o di omosessuali. Tutte figure che, sia pure con sfumature diverse, hanno mostrato le enormi debolezze del ddl Zan, a partire dal suo contenuto, articolo per articolo, riga per riga. Chi invece ha scelto di promuovere questa norma – ribattezzandola enfaticamente come “legge di civiltà”, manco fosse il Vangelo -, ora paga l’errore d’aver scelto compagni di viaggio che sì, i milioni di follower li hanno, ma non la conoscenza dell’argomento.