Via libera all’impianto in una donna di embrioni congelati 19 anni fa, anche se il marito è morto nel 2011.
È la decisione, di cui ci parla il Corriere della Sera, del tribunale civile di Bologna: accogliendo il reclamo di una 50enne Ferrarese dopo che il suo ricorso era stato respinto in primo grado.
Sempre come riporta il Corriere, i giudici ora hanno ordinato al policlinico Sant’Orsola di provvedere immediatamente all’impianto degli embrioni prodotti con fecondazione assistita nel 1996 e da allora crioconservati.
Era il 1996 (la legge 40 del 2004 che di fatto sancisce l’obbligo dell’impianto ancora non era stata concepita) quando una coppia di Ferrara tentò un intervento di fecondazione assistita, ma l’impianto non riuscì: fu così che otto embrioni non installati vennero congelati, con il consenso della coppia. Negli anni seguenti, per colpa di una malattia che colpì l’uomo, la coppia non poté più riprovarci, ma fino al 2010 fecero comunque conservare gli embrioni al centro di fecondazione assistita. Poi nel 2011 l’uomo purtroppo morì a causa della malattia, ma nonostante questo la donna continuò a rivolgersi al centro medico chiedendo l’impianto. Da qui una serie di nulla osta, ricorsi e appelli che hanno sancito, alla fine, la suddetta decisione del tribunale civile di Bologna.
Ma se la storia, dal punto di vista giuridico, scricchiola, ciò che dovrebbe far riflettere tutti è il pericoloso precedente che si andrebbe a creare se la donna decidesse di procedere all’impianto. Un precedente pericoloso per tutti quei bambini che potrebbero nascere già orfani di padre e con una madre cinquantenne.
Il paradosso è che la cinquantenne, attraverso il suo avvocato, ha persino dichiarato di aver preso una “decisione pro vita, in quanto, senza l’intervento del tribunale cui si è fatto ricorso, non si sarebbe potuto conoscere quale sorte riservare ad embrioni già formati”, anche se – ha continuato la donna – “sono consapevole che non è facile a 50 anni procedere con una gravidanza e quindi valuterò coi medici cosa fare”.
Ancora una volta l’alterazione della genitorialità dovuta alla fecondazione assistita ci ha messo davanti ad un’anomalia giuridica e antropologica dalla quale sarà difficile uscire senza un inaccettabile compromesso.
Redazione