Sulla difesa della famiglia naturale, Jair Bolsonaro parte subito lancia in resta. Nel suo discorso di insediamento, il 1° gennaio, il neopresidente brasiliano non ha usato giri di parole: il suo governo avrà tra i suoi obiettivi «unire il popolo, valorizzare la famiglia, rispettare le religioni e la nostra tradizione giudaico-cristiana e combattere l’ideologia del gender, conservando i nostri valori». Sotto la sua guida, «il Brasile tornerà a essere un Paese libero da zavorre ideologiche», ha assicurato Bolsonaro.
Il nuovo capo dello Stato brasiliano ha promesso che il suo mandato segnerà l’inizio di una nuova era di liberazione dal «socialismo, dall’inversione dei valori, dal gigantismo statale e dal politicamente corretto». Le elezioni dello scorso ottobre, ha aggiunto,«hanno dato voce a chi non era ascoltato, e la voce delle strade e delle urne è stata chiara». Bolsonaro deplora le «ideologie nefaste» che rischiano di «dividere i brasiliani» e di «distruggere i nostri valori e tradizioni», di «distruggere le nostre famiglie, che sono la base della nostra società». Il nuovo governo brasiliano, pertanto, affronterà «l’ideologizzazione dei nostri figli, la distorsione dei diritti umani e la decostruzione della famiglia».
Non sono affermazioni di secondo piano, quelle del neoinquilino del Palácio do Planalto, se si tiene conto che le amministrazioni brasiliane degli ultimi ventiquattro anni, sono state tutte più o meno favorevoli al radicalismo di massa e, in particolare, all’indottrinamento gender. La linea inaugurata sotto la presidenza di Fernando Henrique Haroso (1995-2002), è proseguita con Luiz Inácio Lula da Silva (2003-2010) e ha conosciuto particolare impulso e accentuazione, durante il mandato di Dilma Rousseff (2011-2016).
Il popolo brasiliano non è stato però a guardare: sempre più numerose sono state, negli ultimi anni, le proteste di piazza contro la rivoluzione educativa e il presidente Bolsonaro, già durante la sua campagna elettorale e, prima ancora, da parlamentare dell’opposizione, ha intercettato il malcontento. Una volta insediatosi al Palácio do Planalto, Bolsonaro ha tenuto fede alla sua agenda pro family, nominando tre ministri chiave per questa inversione di tendenza: il filosofo Ricardo Vélez, all’Educazione; il diplomatico Ernesto Araújo, agli Affari Esteri; l’avvocatessa pro life Damares Alves, titolare del nuovo Ministero della Donna.
Le politiche educative del nuovo governo brasiliano rilanciano il principio di sussidiarietà, rimettendo le famiglie al primo posto nelle scelte formative dei figli. L’abuso ai danni dell’infanzia sarà combattuto più duramente, mentre la famiglia sarà la principale beneficiaria dell’azione del governo.
Il ministro degli Esteri, Ernesto Araújo, ha proclamato la contrarietà del Brasile a tutte le pressioni globaliste, a partire dall’aborto, dal gender, dall’immigrazione incontrollata e dall’ecologismo.
All’atto di investitura, il presidente Bolsonaro ha lanciato un appello al popolo brasiliano affinché dia vita a «un movimento in cui, tutti uniti – voi, io, le nostre famiglie – ristabilizzeremo i principi etici e morali che trasformeranno il nostro Paese».
Luca Marcolivio