Un’idea non nuova ma sempre attuale. Il riconoscimento della capacità giuridica di ogni essere umano dal concepimento è un tema in discussione da ormai quasi trent’anni, che ha raccolto il consenso anche di personalità non strettamente legate al mondo pro life. L’idea è stata rilanciata attraverso una proposta di legge popolare, presentata stamattina alla stampa nella Sala Caduti di Nassirya del Senato della Repubblica, in occasione del 30° anniversario della ratifica della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia.
La tavola rotonda, moderata dal giornalista di Avvenire Angelo Picariello, è stata introdotta dalla senatrice Paola Binetti (Forza Italia), che ha colto un parallelo tra la proposta di legge e l’assegno unico per le famiglie, approvato ieri, di cui sono destinatari anche i concepiti dal settimo mese di gestazione. «Nel sentire giuridico del Paese, il bambino c’è», ha sottolineato la Binetti, dove per «bambino» il riferimento è al feto o all’embrione, degni di essere chiamati con lo stesso nome di qualsiasi essere umano già nato. Un’altra norma approvata di recente in Senato, il ddl 2255 sulle malattie rare, prevede lo «screening prenatale esteso» che permetterà di intervenire positivamente su una serie di patologie che si manifestano a uno stadio fetale: «Un intrinseco sistema che riconosce un bambino che già c’è, per una serie ineccepibile di elementi – ha commentato la senatrice –. Vorrei quindi che si prendesse atto della realtà». Il nocciolo della sfida, quindi, è «riscoprire il valore intrinseco della dignità della vita» e ciò non rappresenta una «sfida ideologica» ma una «sfida ideale», ha quindi concluso Binetti.
Secondo la presidente del Movimento per la Vita italiano, Marina Casini Bandini, è fondamentale «non lasciarci mettere all’angolo» da chi insiste con la «“cattolicizzazione” delle questioni sulla vita». Tanto è vero, ha ricordato Casini, che tra le personalità di ambito politico e accademico che da sempre sostengono il riconoscimento giuridico dell’embrione, vi è l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato, di cultura laica e socialista. Se da un lato, gli abortisti continuano a fare sofismi su quale sia il momento in cui la vita prenatale prende forma, per i pro life la questione non si pone: «La nascita è una tappa dell’esistenza, non l’inizio. Il vero momento di passaggio dal nulla all’esserci è il concepimento», ha sottolineato la presidente del Movimento per la Vita.
Storicamente la proposta di legge per il riconoscimento della capacità giuridica del concepito ha origine nel 1995, quando fu presentata, ha rammentato Casini, «da un comitato di sole donne», diventando poi oggetto di una petizione cui aderirono personalità importanti, rafforzandone «l’autorevolezza». Altra caratteristica della proposta è la sua «la funzione storica e “profetica”» a tutela del «principio di uguaglianza cardine dell’intera civiltà moderna». Come ricordato dalla stessa presidente del Movimento per la Vita, «la capacità giuridica è diversa dalla capacità di agire» che il concepito, ovviamente, non ha. Nel 1975, poi, nella stessa sentenza n°27, che pure apriva le porte alla depenalizzazione dell’aborto, la Corte Costituzionale riconosceva la titolarità di diritti da parte di ogni essere umano: se, però, la madre era considerata persona, l’embrione era considerato una persona in divenire. Ciò rappresenta «un nodo che va sciolto», ha detto Casini, e, in tal senso, estendere la capacità giuridica anche al concepito potrebbe permettere di superare l’impasse. La presidente del Movimento per la Vita ha concluso sottolineando che «non è vero che tutte le donne sono dalla parte dell’aborto», anzi «la prima alleata della vita del concepito è proprio la donna», quindi «il primo passo da fare dovrebbe essere rendere la donna libera dai condizionamenti che la spingerebbero ad abortire».
Da parte sua, la senatrice Erica Rivolta (Lega) appoggia il riconoscimento della capacità giuridica del concepito, in quanto strumento valido per tutelare tutti i deboli e tutti i fragili indistintamente. In qualità di vicesindaco e assessore alle Politiche Sociali e Giovanili e all’Istruzione del Comune di Erba, la senatrice Rivolta ha toccato spesso con mano le tante «situazioni dolorose e irrisolvibili» in cui versa la popolazione più fragile. Si va dai «casi disperati di povertà educativa» all’«emergenza» del «16,6% di bambini con disturbi psicologici». Tutte questioni, ha concluso la senatrice, che spingono ad una «riflessione» su cui la proposta di legge oggi presentata può illuminare di una luce nuova.
È infine intervenuto Filippo Vari, professore ordinario di Diritto Costituzionale all’Università Europea di Roma e vicepresidente del Centro Studi “Rosario Livatino”. Secondo il giurista, l’approvazione di una legge per il riconoscimento dei diritti del concepito «sarebbe una grande conquista sul piano politico», tuttavia, «sul piano giuridico non è essenziale», essendovi già dei caposaldi legislativi e giurisprudenziali. La sentenza n°35 del 1997 della Corte Costituzionale, ad esempio, riconosceva «la vita» come «il primo dei diritti dell’uomo, a prescindere dalla nascita e dalla capacità giuridica», ha detto Vari. Anche l’articolo 1 della Legge 40 afferma che «il ricorso alla procreazione assistita assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito».
Se è vero che oggi, «la pandemia ha rimesso al centro il tema del diritto alla vita», è altrettanto vero, ha osservato il costituzionalista che, «nelle fasi finali siamo in una notte oscura», con l’aborto e l’eutanasia sempre più estesi e sdoganati in un gran numero di paesi. Tra tante ombre, tuttavia, non mancano le luci: tra qualche settimana, ha infatti ricordato il professor Vari, la Corte Suprema degli USA si pronuncerà sulla liceità della legge dello stato del Mississippi, che vieta l’aborto dopo la quindicesima settimana. Una sentenza particolarmente attesa in un paese che, assieme alla Cina e alla Corea del Nord, è l’unico a consentire l’aborto fino a un istante prima della nascita.