Il Consiglio di Istituto del Liceo Montale di Pontedera, in provincia di Pisa, ha recentemente deciso di adottare la cosiddetta "carriera alias", una misura che consente agli studenti di utilizzare un nome diverso dal proprio in base all'identità di genere percepita. Questa scelta solleva gravi preoccupazioni, non solo riguardo alla tutela del benessere psicologico degli studenti, ma anche per le implicazioni legali e etiche di tale approccio.
Un approccio pericoloso
Questa decisione non solo ignora le esperienze di altri Paesi che, dopo aver adottato politiche simili, stanno tornando indietro, ma mostra una pericolosa incuria nell'affrontare un tema delicato come quello dell'identità di genere. Paesi come il Regno Unito, infatti, dopo aver incoraggiato l'approccio affermativo (ovvero, l'adozione di interventi medici e sociali sulla base dell'auto-identificazione di genere), stanno rivedendo le loro politiche. Numerosi scandali, inoltre, come quelli legati alla WPATH (World Professional Association for Transgender Health) e l'uso dei bloccanti della pubertà, hanno spinto molti esperti e istituzioni a riconsiderare l'efficacia e la sicurezza di tali pratiche.
La carriera alias, che propone un concetto di identità di genere completamente slegato dal sesso biologico, è il risultato di un inganno ideologico che sta danneggiando profondamente la comprensione della sessualità e dell'identità. Non solo la nostra società è stata spinta a credere che il sesso sia qualcosa che si può "scegliere", ma questo approccio rischia di avere conseguenze devastanti, specialmente per i giovani. L'idea che un ragazzo o una ragazza possano autodeterminarsi al punto da scegliere il proprio sesso è una distorsione della realtà e un errore che può creare confusione e sofferenza.
Il ruolo della scuola
Soprattutto in un periodo delicato come quello dell'adolescenza, in cui l'individuo vive la difficoltà di capire e definire se stesso, proporre la possibilità di una scelta così radicale non fa altro che acuire il dolore di chi sta attraversando un fisiologico smarrimento legato alla crescita. Il disturbo di identità di genere, o disforia di genere, è stato confuso e, in molti casi, addirittura amplificato da influencer senza scrupoli che affollano i social media, contribuendo a un'ulteriore confusione nelle menti dei più giovani. Quello che davvero dovrebbe fare la scuola, piuttosto che incoraggiare l'adozione di un nome e una carriera che non corrispondono alla realtà biologica, è accompagnare questi ragazzi nel loro percorso di crescita. Insegnare loro ad affrontare le incertezze, a capire se stessi e a sviluppare un'identità sana, ancorata alla realtà del corpo umano, è un compito fondamentale che spetta agli educatori e ai genitori.
La denuncia di Pro Vita & Famiglia
L’associazione Pro Vita & Famiglia - che da anni è in prima linea per denunciare e combattere i pericoli e i danni della Carriera Alias - sottolineando la gravità di tale decisione del Liceo Montale, ha già inviato da tempo centinaia di diffide agli istituti che - in tutta Italia - hanno adottato la Carriera Alias , esponendo le ragioni per cui assegnare un nome diverso a uno studente in base a una mera autopercezione di genere, senza una diagnosi di disforia di genere, non solo è dannoso per la sana maturazione psico-fisica dell'individuo, ma è in aperto contrasto con le normative vigenti in campo amministrativo, civile e potenzialmente anche penale. La carriera alias, infatti, è anche «un atto viziato da incompetenza», poiché l'amministrazione scolastica non ha alcun potere di modificare il nome anagrafico e l'identità legale di un individuo. Inoltre, tale prassi potrebbe comportare o incitare alla violazione dell'articolo 479 del Codice Penale, che prevede il reato di «falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici». La scelta di consentire agli studenti di utilizzare un nome diverso, pertanto, potrebbe configurarsi come una falsificazione dell’identità legale, con gravi ripercussioni legali.
La preside del Liceo Montale, affermando che l'adozione della carriera alias è una misura per tutelare il benessere psicologico degli studenti, sembra ignorare le esperienze di numerosi detransitioner che, dopo aver intrapreso un percorso di transizione, hanno visto la loro vita e il loro benessere compromessi. Storie come quella di Luka Hein con il suo tour in tutta Italia a ottobre 2024 o come quella di Keira Bell, una giovane donna che ha intrapreso un trattamento di transizione per poi tornare indietro, sono solo la punta dell'iceberg di una realtà che non può essere ignorata.
Non possiamo, dunque, continuare a ignorare il fatto che l'approccio affermativo e l'adozione di politiche come la carriera alias non sono la soluzione. Al contrario, possiamo e dobbiamo fare di più per aiutare i nostri ragazzi a crescere con una comprensione sana della propria identità, senza cedere alle pressioni di una narrativa ideologica che rischia di danneggiare irreparabilmente le loro vite.
Articolo a cura di Donatella Isca, il cui contenuto è stato in parte già pubblicato sull’edizione cartacea de Il Tirreno di martedì 7 gennaio 2024