04/05/2021 di Luca Marcolivio

Caso Fedez, Giubilei «Grida alla censura ma è il primo ad approvare una legge liberticida»

Fedez grida alla censura quando è lui il primo a invocare l’approvazione di una legge che andrebbe a censurare le sue stesse canzoni. In più mette sullo stesso piano le dichiarazioni realmente omofobe rilasciate qualche tempo fa da alcuni politici locali e la legittima battaglia politico-culturale portata avanti in Parlamento da senatori come Simone Pillon e nell’opinione pubblica da attivisti come Jacopo Coghe. Sono queste e molte altre, le contraddizioni cui il rapper si sta esponendo, soprattutto dopo la sua esibizione al concerto del Primo Maggio. Pro Vita & Famiglia ne ha parlato con lo scrittore e editore Francesco Giubilei, fondatore della Giubilei-Regnani.

 

Giubilei, prima di entrare nel merito del caso Fedez, una considerazione di carattere generale. Cosa sta succedendo a questa sinistra, che sceglie, come sua nuova icona, un miliardario edonista, sposato all’influencer più famosa e ricca d’Italia?

«Assistiamo ad un’evoluzione, per cui la sinistra “tradizionale” sta lasciando spazio a una nuova sinistra liberal o globalista che, inconsapevolmente, sta tradendo tutti i principi che erano alla base della sinistra storica. Le contraddizioni della nuova sinistra, si manifestano in molti ambiti, a partire dall’ideologia ambientalista, che impone l’acquisto di automobili elettriche i cui costi eccessivi non sono alla portata dei ceti più deboli. Penso anche all’immigrazione e a tutti i problemi legati alla delinquenza, allo spaccio e alla violenza, che la sinistra sistematicamente nega. Il cambiamento della sinistra, comunque, è soprattutto culturale: invece di appoggiare le istanze dei piccoli commercianti o delle partite IVA, si avallano gli interessi delle grandi multinazionali, che cancellano le identità locali, portando danno alle fasce di reddito più basse, che, in teoria, dovrebbero essere proprio il bacino elettorale della sinistra».

Venendo al dibattito di questi giorni: è curioso che, fino a pochissimo tempo fa Fedez realizzava canzoni che nessuno avrebbe esitazioni nel definire “omofobe”. Il suo è forse un voltafaccia di comodo, per accreditarsi tra i poteri forti?

«In effetti, nelle sue canzoni, Fedez ha spesso utilizzato versi che potremmo definire “omofobi” e che, se passasse il ddl Zan, diventerebbero perseguibili e censurabili. Siamo a un paradosso: da un lato, Fedez dice di voler combattere la censura, dall’altro fa l’endorsment per una legge che colpisce la libertà d’opinione e assume tratti liberticidi. È una contraddizione in termini, di cui Fedez probabilmente nemmeno si accorge. Facendosi paladino e portavoce dei nuovi diritti, non si accorge che sta limitando la libertà di espressione anche a quella musica rap che l’ha reso famoso e che, notoriamente, è basata proprio sulla provocazione e sulla possibilità di esprimersi liberamente».

Quando Fedez (che sostiene una legge liberticida) ha gridato alla censura, ha messo in atto una forma di manipolazione basata sull’intento di confondere le idee?

«Innanzitutto, va capito se c’è stata effettivamente una censura. Fedez, tra l’altro, ha tagliato la registrazione integrale e l’ha pubblicata ad arte. Il vicedirettore di Raitre, poi, afferma che non c’è stata nessuna censura ma c’è una società esterna. Semplicemente, la Rai ha ricordato che quello non era il contesto per esprimere certi pensieri. Dopodiché, effettivamente non si capisce perché si debba utilizzare la TV pubblica per un concerto pagato da tutti i contribuenti, per tenere un comizio politico senza contraddittorio. Fedez ha utilizzato la TV pubblica come si fosse trattato del suo profilo Facebook o Instagram, in cui può dire liberamente quello che vuole. Ora quindi deve assumersi la responsabilità di quello che ha detto. Ci sono organi di vigilanza che fanno parte della nostra democrazia e anche della gestione della tv pubblica che ora andranno a indagare sull’accaduto. È incredibile, in definitiva, che Fedez stia denunciando una censura e, al tempo stesso, stia promuovendo una legge che comminerà una serie di censure, limitando la libertà d’opinione. È questo il vulnus del suo ragionamento».

Dal palco del Primo Maggio, e anche in precedenza, Fedez ha individuato una serie di “nemici”. Dove rischia di portare questa tendenza cercare il capro espiatorio e politicizzare il dibattito?

«Così facendo, Fedez ha esposto alla gogna mediatica una serie di persone. Ha citato i casi di alcuni ex consiglieri che hanno espresso posizioni assolutamente deprecabili e da cui qualunque persona di buon senso prenderebbe le distanze. Poi, però, ha buttato nel calderone persone come Jacopo Coghe che, in realtà, con la sua onlus sta portando avanti una battaglia che, prima ancora che politica, è culturale. Ha buttato nel calderone Pillon e Ostellari, senatori della Repubblica che si stanno legittimamente opponendo al ddl Zan, con gli strumenti che la nostra Costituzione e le nostre leggi democratiche mettono a disposizione. Così facendo, in una manifestazione seguita da milioni di persone nel contesto del Primo Maggio, Fedez espone una serie di persone a veri e propri attacchi d’odio, come puntualmente accade, poi, sui social. Fedez mette tutto in un unico calderone: i commenti sbagliati di quei consiglieri e le affermazioni legittime di coloro che portano avanti una battaglia politica e culturale che non può essere certo definita omofoba. Fedez sta contribuendo a polarizzare il dibattito senza che si possa discutere serenamente nel merito del ddl Zan».




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