27/02/2014

Clima arroventato per la mail del Vescovo di Cremona

Chi avesse dubbi sull’arrogante ferocia e sulla violenta protervia della lobby omosessista, li può fugare rapidamente, osservando quanto capitato, suo malgrado, al Vescovo di Cremona, mons. Dante Lafranconi. È bastato che aderisse alla campagna lanciata dall’associazione irlandese The Society for the protection of unborn children e quindi che scrivesse agli eurodeputati, invitandoli a bocciare il rapporto Lunacek, perché «ambiguo e per certi aspetti inaccettabile» in quanto omosessista e pro-gender, per scatenare le ire dell’on. Sonia Alfano dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, una dei destinatari della mail inviata dal prelato.

Gesto considerato «gravissimo» dalla parlamentare, che ancora una volta ha citato Papa Francesco col suo «Chi sono io per giudicare?», tentando così di giustificare le proprie posizioni. Le han fatto eco l’on. Franco Bordo del Sel, che ha bollato come «improvvido» l’intervento di mons. Lafranconi, nonché un altro esponente del Sel, peraltro presidente dell’Arcigay di Cremona, Gabriele Piazzoni, il quale ha accusato il prelato di essersi «schierato al fianco degli alfieri dell’intolleranza e della discriminazione».

Sbagliando totalmente bersaglio, forse perché impreparato in materia: evidentemente non sa che, se problemi in passato il Vescovo ne ebbe, fu proprio per il motivo opposto ovvero per aver costituito un gruppo d’incontro per «omosessuali cristiani», denominato «Alle querce di Mamre», come ricorda il sito ufficiale della Diocesi, che si affretta anche a precisare come verso i gay mons. Lafranconi nutra «sentimenti di affetto e di vicinanza».

Il che non è però bastato: in un altro comunicato, il presidente – questa volta – nazionale di Arcigay, Flavio Romani, ha superato ogni limite ed ogni decenza, definendo il messaggio del Vescovo «un’operazione grave e disonesta, portata avanti da personaggi torbidi, che usano il crocifisso come grimaldello politico, ricattando, mistificando e cercando in tutti i modi di determinare gli esiti dei dibattiti nelle sedi di governo». Accuse grezze, rozze ed immotivate, ai limiti della diffamazione.

Strillando all’«ingerenza» ed agitando il bavaglio, Romani se l’è presa contro un’inesistente «lobby clericale cattolica italiana» ed ha poi lanciato sinistri avvertimenti agli europarlamentari, chiamati a votare il rapporto Lunacek: «Ogni voto difforme sarà inevitabilmente interpretato come l’esito di una manipolazione e la prova di un potere occulto, che si insinua nella nostra democrazia». Lasciando presagire, in caso di batosta, lo scatenarsi della lobby omosessista – questa sì reale e potente –.

Alla fine, cos’ha fatto di tanto grave, mons. Lafranconi? Ha espresso un proprio parere, invitando altri a condividerlo. Tutto qui. Il bailamme scatenato contro di lui dal solito mondo Lgbt è, una volta di più, la riprova della carica liberticida e del potenziale intimidatorio, impliciti nelle feroci rivendicazioni dell’ideologia “gender” tanto in sede locale, quanto nelle sedi nazionale, europea e mondiale. Con una ripercussione politica interessante, tale da render Cremona una sorta di “laboratorio” per l’intero Paese: il Pd, qui, è alleato col Sel ed ha candidato come Sindaco l’ex-presidente diocesano di Azione Cattolica, il prof. Gianluca Galimberti, primarie permettendo. Come Galimberti penserà di gestire il clima arroventato creatosi attorno al rapporto Lunacek? Eviterà di esprimere solidarietà al suo Vescovo, per tenersi buono l’alleato Sel o rischierà di rompere con l’alleato Sel, per esprimere solidarietà al suo Vescovo?

di Mauro Faverzani

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