Dovremmo tutti leggere i romanzi di Frank Herbert, “Dune” (una saga composta da diversi volumi), dove – fra tante altre “profetiche amenità” gli uomini vengono riprodotti dalle Axlotl Tanks (in alcuni libri Herbert le chiama “Axolotl”). A un certo punto si scopre che sono donne lobotomizzate e tenute in vita come uteri per produrre umani, “vasche” per allevamento.
Dopodiché riflettiamo su quanto la fantasia dell’autore si stia rivelando realtà.
Noi non lobotomizziamo le donne per usarne gli uteri? Certo le lasciamo pensanti e senzienti, ma le sfruttiamo nella stessa identica maniera. C’è chi dice che la logica del mercato va rispettata: gli affari sono affari e la domanda incontra l’offerta, liberamente. Costoro dimenticano che la logica del mercato è eticamente accettabile se il potere contrattuale delle parti in causa è simile: tant’è vero che abbiamo “inventato” i sindacati dei lavoratori.
Invece risulta che il 60% delle donne indiane che si offrono come madri surrogate sono analfabete o hanno solo un’istruzione elementare. Neanche conoscono le clausole del contratto che firmano. Intascano il 2% del prezzo che i committenti pagano alle cliniche per la surrogazione, rischiano la vita e la salute, vivono segregate in strutture dove si impedisce loro di nuocere al prezioso “oggetto” che portano in grembo... Insomma avrete letto il reportage di Avvenire e gli articoli che abbiamo pubblicato in proposito, che denunciano lo spregevole “colonialismo biologico” in atto.
Questo post serve a darci un riferimento letterario: “Axlotl Tank” .
Francesca Romana Poleggi