L’On. Olimpia Tarzia interviene nuovamente sulla fecondazione eterologa e, questa volta, concentra l’attenzione sulla scelta demagogica ed ingiustificata presa dalla Conferenza delle Regioni che ha deciso quest’oggi di adottare una sorta di ticket unico.
Tarzia solleva il problema sotto diversi punti di vista.
“La fecondazione artificiale non può essere considerata una cura e dunque in quanto tale soggetta a ticket, poiché essa rappresenta semplicemente una modalità per bypassare la patologia della sterilità, che resta tale, anche dopo aver avuto un figlio.”
In questo modo, inoltre, si andrebbe ulteriormente a gravare sul servizio sanitario italiano, in molte regioni già economicamente dissestato, come nel caso del Lazio in cui il debito tocca i 10 miliardi di euro. Le strutture sanitarie pubbliche in ogni caso non riuscirebbero a far fronte alle richieste delle coppie che, conseguentemente, finirebbero ad alimentare le fila fuori dalle cliniche private: “le sole, tra l’altro, ad avere disponibilità di gameti perché acquistati all’estero”, alimentando così il business dell’ eterologa .
“Bene ha fatto la Lombardia a non adeguarsi alle decisioni della conferenza delle regioni e a metterla a pagamento, perché la fecondazione artificiale non è una terapia che possa far guarire la paziente. Il sistema sanitario nazionale si fa carico economicamente del diritto alla salute garantendo la cura, su di esso non possono gravare anche le spese della fecondazione artificiale eterologa che di fatto non cura e non tutela alcun diritto (che non esiste) ad avere un figlio, ma solo un – pur legittimo – desiderio di genitorialità.”
Redazione