È sempre scomodo trattare temi come la pornografia (e la pedopornografia). È però importante avere il coraggio di denunciare il male, anche quando è letteralmente “inguardabile”, perché far finta che certi problemi non esistano o che non ci riguardino ci rende in qualche modo complici di quel male. La nostra cultura, infatti, idolatra il sesso fine a se stesso che comporta lo sfruttamento e l’uso del corpo umano, cioè della persona, propria o altrui, degradandola ad oggetto. Quello che è sempre esistito (basti pensare agli affreschi pompeiani) col tempo è stato elevato dal livello della perversione che gli compete al rango della “libera manifestazione del pensiero”, nell’ambito del solito diritto all’autodeterminazione con il quale si vanno giustificando le pratiche più abiette, sempre a danno dei soggetti più fragili (dei bambini innanzitutto). Nel frattempo, perso ogni contatto con la ragione, con la morale e con la legge naturale, gli ordinamenti giuridici si vanno adeguando alle mode perverse, anche grazie alla giurisprudenza “creativa” fortemente ideologizzata in senso libertario radicale. La politica e i media fanno il resto. A noi resta il compito di acquisire consapevolezza, di denunciare, difenderci e difendere i nostri figli imparando a spegnere gli schermi e a recuperare il dialogo: con il buon senso e un po’ d’amore si rimedia anche ai gap generazionali.
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