L’ondata mediatica in salsa arcobaleno sembra davvero inarrestabile. E lo è stata anche durante la scorsa settimana, sulla Rai, nel pieno delle pubblicità trasmesse nel corso del Festival di Sanremo.
Lo scorso 3 febbraio, infatti, poco prima della mezzanotte, sul primo canale della tv pubblica di Stato è andato in onda il trailer di un film targato Netflix, dal titolo “Il Filo Invisibile”. La pellicola, di Marco Puccioni e Luca De Bei, ha come protagonisti una coppia di uomini che hanno avuto un bambino grazie al ricorso all’utero in affitto e, come viene dichiaratamente espresso anche nello stesso trailer, il film fa passare un messaggio “positivo” nel far uso di questa abominevole pratica.
Una storia, dunque, che vorrebbe normalizzare una pratica moralmente, e in Italia legalmente, illecita. La nascita del protagonista – che è anche colui che racconta la storia – viene affrontata infatti come un “dettaglio” totalmente positivo, senza risvolti morali dubbi, mentre il resto del film si concentra sulla crisi di coppia dei “genitori” del ragazzo e sulla sua scoperta dell’amore.
Ma c’è un altro aspetto, ancor più grave e pericoloso: il fatto che la vicenda sia narrata proprio dal ragazzo, “figlio” dei due uomini, come se egli fosse un “dono” per i due uomini e non la vittima di una pratica barbara che sfrutta le donne e il loro corpo. Si mette dunque negli occhi e nella bocca di un ragazzino un vero e proprio spot pro utero in affitto e pro adozioni per le coppie formate da due persone dello stesso sesso.
Insomma, ancora una volta l’ideologia Lgbt viene presentata come una realtà ormai consolidata, legittima e capace di sdoganare anche ciò che è un reato.